Jim Peron, EUROPA, CULLA DEL CAPITALISMO

Jim Peron, EUROPA, CULLA DEL CAPITALISMO

Enclave numero 10, dicembre 2000
Qualche secolo fa le cose sembravano quasi senza speranza per l’Europa, almeno secondo il senso comune oggi accettato nei circoli politici. La regione era divisa tra centinaia di principati locali senza un governo unificante, senza una moneta comune, e senza una lingua comune. Se un tipico scienziato della politica di oggi avesse dovuto indovinare il luogo di nascita del capitalismo, molto difficilmente avrebbe considerato l’Europa come un probabile candidato. Invece la Cina, con un governo unitario e un sistema legale uniforme, sarebbe stata in cima alla lista.

Tuttavia il capitalismo non nacque nell’ordinato ambiente cinese, ma in quello percepito come caotico dell’Europa. Quegli aspetti della vita medievale oggi disapprovati furono necessari per il decollo del capitalismo, che si sviluppò perchè era libero di evolversi, dato che le sue regole erano scoperte, non imposte. E con la nascita del capitalismo, gli europei videro emergere le teorie politiche liberali e il concetto di diritti umani.

Il sistema centralizzato cinese, al contrario, non permise questa libertà, e mandò così in corto circuito il processo di scoperta. Come David Landes scrive in The Wealth and Poverty of the Nations, quello che lo stato cinese “non prese, lo sorvegliò, lo regolò, e lo represse”.

In The Future and Its Enemies Virginia Postrel ricorda quanto il grande impero cinese fosse più avanzato rispetto alla cultura europea. Tuttavia la Cina sfuggì il dinamismo dei sistemi evolutivi. La Postrel scrive che “gli ideali reazionari, l’amministrazione tecnocratica, e il monopolio del potere concorsero a rafforzare la stabilità a costo della stagnazione. Perfino nel suo periodo creativo, il dinamismo cinese fu più che altro tecnologico, non sociale, economico, o politico; lo stato era dispotico e fortemente burocratico…La filosofia del governo era basata sull’ordine, la subordinazione, e la stasi. E come la maggior parte delle burocrazie, il mandarinato sviluppò un forte interesse al mantenimento dello status quo. Gli interessi e l’ideologia del sistema si rinforzavano a vicenda”.

Più importante dell’ostilità del regime per l’innovazione fu il suo monopolio del potere. I cinesi potenziali innovatori non avevano nessuno sbocco. L’Impero cinese comprendeva l’equivalente di un continente, e non esistevano quindi nelle vicinanze dei rifugi per gli individui creativi. E poichè in Cina le invenzioni avvenivano sempre sotto gli auspici dello stato, non vi era nessuna impresa privata che potesse fornire denaro o incoraggiamento una volta che il governo smettesse di sostenere l’innovazione. Il sussidio statale e quindi il progresso stesso poteva essere chiuso in qualsiasi momento come un rubinetto.

La liberazione della società civile

In The Origins of Capitalism Jean Baechler argomenta: “La prima condizione per l’efficienza economica è la liberazione della società civile dallo stato…L’espansione del capitalismo deve la sua origine e ragion d’essere all’anarchia politica”. Lo storico Ralph Raico afferma che l’Europa beneficiò del fatto di essere “radicalmente decentralizzata”, diversamente dalla Cina e dall’India. “Invece di sperimentare l’egemonia di un impero universale”, scrive Raico, “l’Europa si sviluppò in un mosaico di regni, principati, città-stato, domini ecclesiastici, e altre entità politiche”. Le moderne grandi nazioni europee come la Francia, la Germania, e l’Italia erano divise in centinaia di piccole giurisdizioni. I cittadini di un principato tedesco potevano spostarsi in un altra giurisdizione tedesca senza provare alcuno shock culturale, perchè l’unica cosa che cambiava era l’ordinamento politico.

In ragione di questo mosaico, le pratiche economiche erano localizzate. Le aree sperimentavano diversi sistemi, e mentre alcune di esse mantennero il sistema gerarchico feudale di controllo, altre iniziarono a liberare l’economia. Se le tasse e le regolamentazioni in un regno divenivano oppressive, la gente poteva muoversi in quello vicino. La difficoltà di impedire queste migrazioni agiva come un freno al potere di tassazione. Le regioni che seguivano politiche più liberali prosperavano rispetto a quelle che non lo facevano. Questo è conosciuto come l’effetto dimostrativo. “L’effetto dimostrativo, che è stato un elemento costante del progresso europeo – e che poteva esistere precisamente perché l’Europa era un sistema decentralizzato di giurisdizioni concorrenti – aiutò a diffondere le politiche liberali che portavano la prosperità dalle città che per prime si erano avventurarate a sperimentarle”, scrive Raico.

Continua Landes: “I governanti europei e i signorotti che cercavano di accrescere le proprie entrate…dovevano attrarre le persone concedendo franchigie, libertà, e privilegi – in breve, facendo accordi. Dovevano convincerle a venire…Perdipiù, le esenzioni dai carichi fiscali e l’attribuzione di privilegi economici condussero spesso alla concessione dell’autogoverno. Qui l’iniziativa venne dal basso, e anche questo fu uno schema essenzialmente europeo. Implicito nell’autogoverno fu una concezione dei diritti e del contratto – intesi come diritti di negoziazione e di petizione – che garantì la libertà e la sicurezza delle attività economiche”. La devoluzione involontaria di potere in Europa incoraggiò l’evoluzione sociale che la Postrel discute. In ogni cultura ci sono sempre stati dei visionari che vedono potenzialità di avanzamento e miglioramento. Ciascuno di loro, concentrandosi sui propri desideri, attraverso una sorta di cooperazione non coordinata trasforma ed espande il potenziale umano. Landes nota che “laddove l’autorità è divisa, il dissenso fiorisce. Questo può apparire negativo per le certezze e le conformità, ma è sicuramente positivo per lo spirito e le iniziative popolari”.

Il conservatore nel vero senso della parola teme il cambiamento. Il potere centralizzato e la regolamentazione dell’economia rappresentano degli strumenti di conservazione, che hanno lo scopo di impedire il dinamismo e l’evoluzione di una società libera. Il vero movimento radicale del tempo fu l’individualismo economico: molti osservatori hanno giustamente ravvisato nel socialismo una controrivoluzione conservatrice che tentò di preservare l’ordine feudale.

Reazione contro l’individualismo

I movimenti di riforma sociale si formarono in risposta all’individualismo. In A General History of Socialism and Social Struggle Max Beer scrive che questi movimenti sostenevano un “ordine medievale modernizzato”. Terrorizzati dal cambiamento, i riformatori “non potevano accettare le idee, le domande, e le pratiche economiche che si basavano sulla libertà individuale…che anteponevano l’egoismo e l’interesse personale alla subordinazione, alla comunità, e alla solidarietà sociale”.

W. Bliss, uno dei padri del socialismo americano, parlava con ammirazione del sistema delle gilde dell’Europa medievale, e ammetteva che “si trattava di un sistema paternalistico, spesso socialista all’estremo. Era crudele, ma di una crudeltà giusta”. E. Seligman, uno dei fondatori dell’American Economic Association, nota con approvazione che le corporazioni “rappresentarono un periodo di supremazia del lavoro sul capitale, dove il padrone lavorava fianco a fianco con i lavoratori”. Thomas Davidson, un fondatore del fabianesimo britannico che solo molto tardi nella sua vita riconobbe la superiorità dell’individualismo e della proprietà privata, scrisse: “Il feudalismo era una forma di socialismo; questo viene spesso dimenticato”. Non c’è da meravigliarsi se Walter Lippmann scrisse che il collettivismo è “reazionario nell’esatto senso della parola”.

Noi siamo abituati a pensare il dissenso solo in termini ideologici e religiosi. Esso però copre una vasta gamma di attività umane. Il dissenso in Europa sfidò gli ordinamenti politici tradizionali e le dottrine teologiche. Ma portò anche a dubbi di natura scientifica e tecnologica. Con la riforma e la fine del monopolio cattolico sulla teologia, la mente umana fu libera di meditare su ogni aspetto dell’esperienza umana. Gli innovatori arrivarono a conclusioni nuove e spesso radicali. Il risultato fu un nuovo pensiero tecnologico che esplose nella rivoluzione industriale. “L’espansione economica dell’Europa medievale venne promossa da una successione di innovazioni organizzative e adattamenti”, scrive Landes, “la maggior parte dei quali ebbe origine dal basso e si diffuse con l’esempio”. Egli ha chiamato questo fenomeno “l’invenzione delle invenzioni”.

L’effetto dimostrativo ebbe luogo in specifiche località con specifiche politiche. L’Olanda ne è un esempio. K. W. Swart scrive che “la Repubblica olandese fu l’unica a permettere un grado di libertà senza precedenti nei campi della religione, del commercio, e della politica…Agli occhi dei contemporanei fu questa combinazione di libertà e predominanza dell’economia che costituì il vero miracolo della Repubblica olandese”. Secondo Raico, l’Olanda “emerse da sola come sistema decentralizzato di governo, senza un re o una corte – un commonwealth senza testa che combinava sicuri diritti di proprietà, rule of law, tolleranza religiosa, e libertà intellettuale, con un grado di prosperità da costituire uno dei primi miracoli economici moderni”.

Il capitalismo non apparve in Russia, benché a differenza della Cina condividesse valori culturali e religiosi simili a quelli dell’Europa occidentale. “Quando la Russia pagana fece il suo ingresso nella società della civilizzazione cristiana”, scrive Barbara Ward in Faith and Freedon, “il compito dei missionari venne svolto dai monaci e dai preti dell’ortodossia orientale. Anche le tradizioni assolutistiche di governo vennero così trasmesse alla nuova società. Lo stato russo nacque dalla fusione di due tradizioni tiranniche di governo: l’assolutismo ortodosso e il dispotismo tartaro.” La Ward nota che “il collasso totale dell’autorità di Roma” fu la ragione per cui l’Europa occidentale evolse verso il liberalismo, ma non l’Europa orientale. “A Bisanzio…la burocrazia rimase intatta…Ma in occidente i barbari distrussero il vecchio ordine.”

“La grande fortuna dell’Europa fu la caduta di Roma e la debolezza e divisione che si creò”, scrive Landes. Così, ironicamente, i barbari che invasero l’Europa occidentale furono inconsapevolmente responsabili dello sviluppo del capitalismo.

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