Lew Rockwell, IL MANIFESTO DEL PALEOLIBERTARISMO 

Lew Rockwell, IL MANIFESTO DEL PALEOLIBERTARISMO 

Enclave, numero 17 ottobre 2002 

Dopo la fine del comunismo, la rottura tra i conservatori vecchia maniera (i paleoconservatori isolazionisti e avversi al New Deal) e i neoconservatori (interventisti e statalisti) può rappresentare un’opportunità storica per i libertari. La guerra fredda aveva separato, all’interno della Destra, i libertarians dagli old conservatives, ma oggi è venuto il momento di ricucire lo strappo, dato che entrambi condividono l’assioma di Lord Acton secondo cui “la libertà è il fine più alto dell’uomo”. Molte questioni dividono ancora i buoni conservatori dai buoni libertari, ma il loro numero è in via di riduzione, e nessuna di esse è così ampia da impedire intelligenti forme di scambio e di cooperazione. Le dispute non sono state solo ideologiche, ma soprattutto culturali. E non c’è niente che unisca o divida di più della cultura. Sotto questo punto di vista, i libertari e i conservatori antistatalisti sono stati così divisi da aver dimenticato come parlarsi tra loro. Per amore dei nostri ideali comuni, dobbiamo restaurare la vecchia concordia. E’ possibile? A mio avviso, non prima di aver fatto chiarezza nel libertarismo.

I conservatori hanno ragione: la libertà non è sufficiente

I conservatori hanno sempre sostenuto, con ragione, che la libertà politica è una condizione necessaria ma non sufficiente per avere una buona società. La libertà politica non è sufficiente neanche per avere una società libera. Abbiamo bisogno anche di istituzioni sociali e standard morali che incoraggino le virtù pubbliche, e proteggano l’individuo dallo Stato. Sfortunatamente molti libertari – specialmente quelli del Libertarian Party – vedono la libertà come una condizione necessaria e sufficiente per tutti gli scopi. Ancora peggio, costoro assimilano la libertà dall’oppressione statale alla libertà dalle norme culturali, dalla religione, dalla morale borghese, e dall’autorità sociale. Nei suoi 17 anni di storia, il Libertarian Party non ha mai raggiunto l’uno percento in un’elezione nazionale, ma ha rovinato la più gloriosa idea politica della storia umana confondendolo col libertinismo. Per amore di quel glorioso ideale, è venuta l’ora di dargli una bella ripulita.

In grande maggioranza gli americani sono d’accordo nel considerare ingiusta l’aggressione agli innocenti e alle loro proprietà. Questi milioni di libertari potenziali sono tuttavia allontanati dall’immagine woodstockiana del movimento. Hair non è più in scena a Broadway da anni, ma l’Età dell’Acquario sopravvive nel Libertarian Party. Le anti-norme culturali che caratterizzano l’immagine libertaria sono ripugnanti, e non hanno nulla a che fare con il libertarismo in sè per sè. Costituiscono solo un peso morto. Se non ci libereremo di questa zavorra, perderemo le maggiori opportunità dei prossimi decenni. Molti americani respingono il Partito Democratico perchè lo vedono disprezzare i valori borghesi. Se mai hanno sentito parlare del Libertarian Party, lo respingeranno per le medesime ragioni.

Il Partito Libertario è probabilmente irriformabile, e comunque irrilevante. Ma il libertarismo non lo è. Tuttavia, a meno che non correggiamo la sua immagine culturale, il nostro movimento fallirà miseramente come il Libertarian Party. Continueremo ad essere visti come una setta che “si oppone all’autorità” e non allo statalismo, che sostiene la diffusione dei comportamenti che vorrebbe legalizzare, e che respinge gli standard della civiltà occidentale. Gli argomenti contro la guerra alla droga, per quanto siano intellettualmente stringenti, vengono svalutati se provengono dal partito degli sballati. Quando il Libertarian Party candida una prostituta come vicegovernatore della California, la quale diventa una celebrità molto ammirata nel partito, è naturale che l’americano medio pensi che il libertarismo sia ostile alle norme sociali, o che la richiesta di legalizzazione di attività come la prostituzione significhi approvazione morale. Non ci potrebbe essere politica più suicida, ma è quello che il Libertarian Party ha fatto. Con le loro credenze controculturali, molti libertari non sono stati in grado di affrontare questioni di importanza crescente per il ceto medio americano, come i diritti civili, la criminalità, l’ambiente. L’unico modo per spezzare il legame tra libertarismo e libertinismo è un dibattito chiarificatore. Io intendo iniziare questa discussione, e sulle giuste basi. Come disse G.K. Chesterton, “Siamo tutti d’accordo su ciò che è male; è su ciò che è bene che dovremmo strapparci gli occhi”.

Un libertarismo culturalmente efficace per l’America

Se vogliamo avere una qualche chance di vittoria, dobbiamo disfarci dell’impalcatura culturale difettosa del libertarismo. Io suggerisco di chiamare questo sostituto, con i suoi principi etici culturali, “paleolibertarismo”, cioè vecchio libertarismo. Io uso il termine nello stesso modo con cui i conservatori usano il termine paleoconservatorismo: non come un nuovo credo, ma come un recupero delle proprie radici, in modo da distinguersi dai neoconservatori. Noi non abbiamo un parallelo con i neoconservatori, ma è opportuno e urgente distinguere il libertarismo dal libertinismo.

In breve, il paleolibertarimo, profondamente radicato nella Old Right, vede:
I. Il Leviatano statale come la storica fonte istituzionale del male;
II. Il mercato completamente libero come un imperativo morale e pratico;
III. La proprietà privata come una necessità economica e morale della società;
IV. Lo Stato militarizzato come una delle principali minacce alla libertà e al benessere;
V. Il Welfare State come furto organizzato che vittimizza i produttori e alla fine anche i propri beneficiari;
VI. Le libertà civili basate sui diritti di proprietà come essenziali per una società giusta;
VII. L’etica egualitaria come moralmente condannabile e distruttiva della proprietà privata e dell’autorità sociale;
VIII. L’autorità sociale – incarnata nella famiglia, nelle chiesa, nella comunità, e nelle altre istituzioni intermedie – come utile per proteggere gli individui dallo Stato e necessaria per avere una società libera e virtuosa;
IX. La cultura occidentale come un valore che merita di essere strenuamente preservato e difeso;
X. Gli obiettivi standard di moralità, specialmente quelli scaturiti dalla tradizione giudaico-cristiana, come essenziali per un ordine sociale libero e civile.

Il Paleolibertarismo è libertario?

Un libertario deve necessariamente concordare con i primi sei punti, ma la maggior parte degli attivisti sarebbero oltraggiati dagli ultimi quattro punti. Eppure in essi non vi è nulla di non libertario. Un critico potrebbe affermare che il libertarismo è una dottrina politica che non ha niente da dire su tali questioni. In un certo senso, questa critica è corretta. Il catechista libertario ha bisogno di conoscere una sola risposta a una sola domanda: qual’è il più alto fine dell’uomo? La risposta è: la Libertà. Nessuna filosofia politica però esiste in un vuoto culturale, e per la maggior parte delle persone l’identità politica rappresenta solo l’astrazione di una più ampia visione culturale. Le due cose sono separate solo a livello teorico; in pratica, sono inestricabilmente collegate. Per questo è comprensibile e desiderabile che il libertarismo si caratterizzi culturalmente, ma non in senso antireligioso, modernista, moralmente relativista, ed egualitario. Questi atteggiamenti giustamente respingono la vasta maggioranza degli americani, contribuendo a far rimanere il libertarismo un piccolo movimento.

L’attacco conservatore al libertarismo.

Nessuna delle critiche conservatrici al libertarismo è persuasiva. Lo stesso non vale, purtroppo, per le critiche culturali. Russel Kirk è il critico conservatore che i libertari trovano più offensivo. Egli sostiene che il libertario, “come Satana, non accetta nessuna autorità, temporale o spirituale. Egli desidera essere diverso, nella morale come nella politica”, per ragioni di principio. Per questo, “la distanza prefissata tra libertarismo e libertinismo non è molto grande”. Un conservatore che i libertari trovano più congeniale è Robert Nisbet. Anche lui però si lamenta che “tra i libertari si sta sviluppando una mentalità secondo cui la coercizione della famiglia, della chiesa, della comunità locale, e della scuola appare ostile quasi quanto quella esercitata dal governo politico. Se è così, si scaverà un solco ancor più profondo tra libertari e conservatori”. Kirk e Nisbet hanno ragione in riferimento ai tanti individui che si professano libertari, ma non riguardo alla dottrina formale, come Machan, Rothbard, e altri hanno spiegato. Tuttavia la distinzione tra la dottrina e i suoi praticanti è difficile da cogliere per i non-intellettuali.

Anticristianesimo contro Libertà

Il 94% degli americani crede in Dio, ma un sondaggio di Green e Guth ha mostrato che solo il 27% degli attivisti libertari è credente. Questi due scienziati della politica commentano: “Benchè alcuni pensatori libertari [come Murray N. Rothbard] insistano che il credo cristiano ortodosso sia compatibile [con le loro idee politiche], il partito non è certamente stato capace di attrarre questi sostenitori”. Infatti, “molti libertari non solo sono antireligiosi, ma antireligiosi militanti, come indicato nei loro estesi commenti scritti”. Un successivo sondaggio della rivista libertaria Liberty mostra che il 74% di coloro che hanno risposto nega l’esistenza di Dio; questo fatto non ha sorpreso la redazione, che segnala la “comune percezione che i libertari siano quasi tutti atei”. Io naturalmente non sostengo che la fede religiosa sia indispensabile per il libertarismo. Alcune delle nostre più grandi personalità sono non credenti. La vasta maggioranza degli americani però è religiosa, e troppi libertari sono atei aggressivi che cercano di ritrarre la religione e il libertarismo come nemici. Questo comportamento, se non controllato, è sufficiente a condannarci alla perpetua marginalità.

La famiglia, il libero mercato, la dignità dell’individuo, i diritti di proprietà privata, lo stesso concetto di libertà – sono tutti prodotti della nostra cultura religiosa. Il cristianesimo diede origine all’individualismo enfatizzando l’importanza di ogni singola anima. La Chiesa insegna che Dio avrebbe mandato Suo Figlio a morire sulla croce anche se un solo essere umano avesse avuto bisogno della sua intercessione. Con la sua enfasi sulla ragione, la legge morale oggettiva, e la proprietà privata, il Cristianesimo rese possibile lo sviluppo del capitalismo. Esso affermò che tutti gli uomini sono egualmente figli di Dio (benché non uguali in ogni altro senso), e che perciò dovrebbero essere uguali davanti alla legge. Fu la Chiesa transnazionale che combattè il nazionalismo, il militarismo, la tassazione elevata, e l’oppressione politica. Furono i suoi teologi a proclamare la legittimità del tirannicidio. Acton scrisse che “la libertà non si è mantenuta in vita fuori dal Cristianesimo”, ed esortò a “tenere la libertà il più vicino possibile alla moralità”, poiché “nessun paese può essere libero senza religione”. Pur essendo d’accordo sul fatto che il libertarismo non è religioso, Machan dice che però che esso “non si affida alla fede per comprendere l’etica e la politica”. I Paleolibertari preferiscono le visione di due altri non credenti: Rothbard, secondo cui “tutto quello che c’è di buono nella civiltà occidentale, dalla libertà individuale alle arti, è dovuto al Cristianesimo”, e von Hayek, il quale aggiunse che dalla religione provengono “gli insegnamenti morali e le tradizioni che ci hanno dato non solo la nostra civiltà, ma anche le nostre stesse vite”.

Autorità contro coercizione

“Contestiamo l’autorità!”, recita uno slogan di sinistra popolare nei circoli libertari. Ma i libertari sbagliano a oscurare la distinzione tra l’autorità statale e l’autorità sociale, dato che una società libera è sostenuta dall’autorità sociale. Ogni impresa richiede una gerarchia di comando, e ogni datore di lavoro ha il diritto di pretendere obbedienza entro la propria sfera d’autorità. Lo stesso vale all’interno della famiglia, della chiesa, della classe scolastica, e perfino nel Rotary o nei boy-scout. Dare ai sindacati la licenza di commettere crimini violenti sovverte l’autorità dell’imprenditore. Le leggi sulla droga, sull’assistenza pubblica, sulla sicurezza sociale, e sulla scuola pubblica indeboliscono l’autorità della famiglia. Mettere al bando la religione dal dibattito pubblico mina l’autorità della chiesa. In un recente articolo, Jerome Tuccille afferma che egli sta combattendo per la libertà contro “l’ortodossia della Chiesa Cattolica”. Ma non c’è nulla di libertario nel combattere l’ortodossia, Cattolica o d’altro tipo, e confondendo deliberatamente i propri pregiudizi col libertarismo, egli contribuisce a perpetuare il mito che il libertarismo sia libertino. L’autorità sarà sempre necessaria in ogni società. L’autorità naturale nasce nelle strutture sociali volontarie; l’autorità innaturale è imposta dallo Stato. I Paleolibertari concordano con Nisbet che “l’esistenza dell’autorità nell’ordine sociale evita le usurpazioni di potere da parte della sfera politica”. Solo “gli effetti di freno e di guida dell’autorità sociale” rendono possibile “un governo politico così liberale come quello progettato dai Padri Fondatori. Rimuovi i legami sociali, dice Nisbet, e avrai un popolo non libero ma caotico, e individui non creativi ma impotenti”.

Il ruolo della famiglia

I libertari tendono ad ignorare il compito essenziale svolto dalla famiglia nella formazione di un individuo responsabile. La famiglia tradizionale, prodotto della legge naturale, è l’unità di base di una società civile e libera. La famiglia promuove i valori necessari alla preservazione di una società libera come l’amore coniugale, l’autodisciplina, la pazienza, la cooperazione, il rispetto per gli anziani, e l’autosacrificio. Le famiglie incoraggiano il comportamento morale e forniscono ai figli l’educazione appropriata, permettendo così la continuazione della specie. Chesterton disse che la famiglia “potrebbe essere approssimativamente definita anarchica”, dato che le origini della sua autorità sono puramente volontarie; lo Stato non l’ha inventata e non può abolirla. Lo Stato tuttavia aggredisce la famiglia favorendo incentivi economici perversi. Come ha sottolineato Charles Murray, le politiche assistenziali del governo federale sono stata in larga misura responsabili dell’aumento del 450% delle nascite illegittime negli ultimi 30 anni. “La funzione più vitale realizzata dalla famiglia è l’educazione”, pensava Chesterton. Ma a partire dalla creazione delle scuole pubbliche nel XIX secolo, che secondo Horace Mann dovevano trasformare i cittadini locali in cittadini nazionali, lo Stato ha attaccato la funzione educativa della famiglia. Se il ruolo delle scuole statali, come ha affermato un funzionario, è quello di “modellare questi piccoli pezzi di pasta sullo stampo sociale”, allora un punto chiave del programma statale deve essere la sovversione della famiglia, che invece i libertari dovrebbero sostenere con cuore. Noi non siamo, come molti commentatori sostengono, promotori dell’individualismo atomistico, e dovremmo lodare il ruolo indispensabile delle famiglie e dell’autorità sociale.

Odio della cultura occidentale

“Cultura”, ha detto Matthew Arnold, “è conoscere il meglio che è stato detto e pensato nel mondo”. Per la nostra civiltà, questo significa concentrarsi sull’Occidente. Ma la sinistra, da Stanford a New York, denuncia la cultura occidentale come razzista, sessista, elitista – e la giudica meritevole più di estinzione che di difesa. Coloro che difendono la cultura occidentale vengono chiamati etnocentrici dai sinistrorsi che mettono sullo stesso piano Dizzie Gillespie e Bach, Alice Walzer e Dostoevsky, Georgia O’Keefe e Caravaggio, e che insegnano ai nostri figli queste sciocchezze. Costoro cercano di costruire un canone culturale che sia sessualmente e razzialmente “bilanciato”, cioè sbilanciato nell’altro senso. Su queste questioni culturali, tuttavia, troppi libertari concordano con la sinistra.

I libertari devono recuperare gli americani comuni, i quali sono bombardati quotidianamente da quel modernismo nell’arte, nella letteratura, e nei comportamenti, che altro non è se non un vero e proprio attacco all’Occidente. Consideriamo solo il caso della protesta contro la pornografia sacrilega sussidiata dal governo di Robert Mapplethorpe e Andrei Serrano. La gente comprendeva istintivamente che l’establishment che gestisce i fondi statali per le arti è impegnato a offendere la sensibilità borghese. Tuttavia le tipica rivista libertaria è molto più scandalizzata dalla corretta posizione di Jesse Helms su questo oltraggio, che dal fatto che i contribuenti siano costretti a finanziare le oscenità blasfeme promosse dal Fondo Nazionale per l’Arte. “L’arte, come la moralità, consiste nel tracciare una linea da qualche parte”, disse Chesterton. I Paleolibertari concordano, e non si vergognano affatto di preferire la civiltà occidentale. La fotografia pornografica, il “libero” pensiero, la pittura caotica, la musica atonale, la letteratura decostruzionista, l’architettura Bauhaus, e le pellicole moderniste non hanno niente in comune con il programma libertario – a prescindere da quanto i libertari come individui possano divertirsi con queste cose. In aggiunta al loro nullo valore estetico o morale, queste “forme d’arte” sono politicamente dannose fuori da Berkeley o dal Greenwich Village.

Noi obbediamo, e dovremmo obbedire, ai comportamenti e ai gusti tradizionali. Come spiega Rothbard, “ci sono numerose aree della vita dove il rispetto dei costumi allenta le tensioni della vita sociale e crea una società più confortevole e armoniosa”. Albert Jay Nock disse che in una società libera, “il tribunale del gusto e delle maniere” dovrebbe essere l’istituzione più forte. Egli lo chiamò “l’unico tribunale la cui competenza giurisdizionale è indiscutibile”. Davanti a questo tribunale, molti libertari sarebbero condannati.

Egualitarismo e diritti civili

La Maggior parte degli Americani detesta i diritti civili, e a ragione. Una volta, i diritti civili erano i diritti dei cittadini contro lo Stato, dice Sobran. Oggi invece sono i trattamenti di favore per i neri, o altre minoranze, a spese di tutti gli altri. Molti libertari, essendo loro stessi egualitari, sono ciechi di fronte a questa problematica, oppure la ignorano scientemente. I Paleolibertari non hanno questo problema, e respingono non solo le azioni affermative e le quote, ma anche il Civil Rights Act del 1964 e tutte le leggi successive che costringono i proprietari ad agire contro la propria volontà. La segregazione imposta dallo Stato, che pure violava i diritti di proprietà, era inaccettabile. Ma è sbagliata anche l’integrazione forzata. Se la segregazione forzata era errata, non per questo è sbagliata la semplice separazione. Desiderare di associarsi con i membri della propria razza, nazionalità, religione, classe, sesso, o perfino partito politico è un impulso umano normale e naturale. Una società volontaria avrà pertanto club maschili, quartieri polacchi, chiese nere, organizzazioni ebraiche, e confraternite bianche. Quando lo Stato abolisce il diritto alla libera associazione, non crea la pace sociale ma la discordia. Come scrisse Frank S. Mayer, “Le multiformi relazioni tra gli esseri umani – sensibili e delicate, e soprattutto individuali nella loro essenza – non possono mai essere regolamentate dal potere del governo senza portare al disastro una società libera”. L’esistenza di queste istituzioni per gli egualitari rappresenta però uno scandalo. Il membro del Congresso Ron Paul, candidato nel 1988 alle presidenziali per il Libertarian Party, venne attaccato da alcuni libertari perché si era opposto ai festeggiamenti per Martin Luther King finanziati dallo Stato. King era un socialista che attaccava la proprietà privata e sosteneva l’integrazione forzata. Come potrebbe essere un eroe libertario? Eppure lo è, per ragioni egualitarie.

Inoltre troppi libertari si uniscono ai liberal nell’uso dell’etichetta di razzista per bollare i non-conformisti. Può essere scientificamente falso credere, ad esempio, che gli asiatici siano più intelligenti dei bianchi, ma può essere anche immorale? Da un punto di vista libertario, l’unica immoralità dovrebbe essere quella di pretendere il riconoscimento statale di questa credenza, corretta o sbagliata che sia. Da un punto di vista cristiano, è certamente sbagliato trattare qualcuno ingiustamente o in maniera non caritatevole sulla base di convinzioni razziali. Ma è anche sbagliato trattare qualcuno ingiustamente o non caritatevolmente perché calvo, capellone, magro, o grasso. Ma può essere considerato immorale preferire la compagnia dell’uno agli altri?

Il liberal nero William Raspberry ha recentemente parlato di uno dei nuovi slogan popolari a Washington: “E’ una cosa da Neri. Non potresti capirla”. Questa è sana coscienza razziale – dice Raspberry – Ma mostrami un bianco che afferma “E’ una cosa da Bianchi…” e il mio atteggiamento cambia. Un congresso dei membri neri di un partito è legittimo, ma un congresso dei membri bianchi di un partito sarebbe impensabile. Per Raspberry “Nero è bello” è permesso, ma “Bianco è bello” è uno slogan da fanatici. Oh, è così? Non c’è niente di male che i neri preferiscano le “cose da neri”. I paleolibertari però direbbero la stessa cosa riguardo i bianchi che preferiscono “cose da bianchi”, e gli asiatici che preferiscono “cosa de asiatici”. I paleolibertari non sostengono alcuna visione utopistica delle relazioni sociali; vogliamo solo che lo Stato la smetta di interferire con le azioni volontarie.

Crimine e coercizione

Il libertarismo è da visto da molti come una dottrina che si oppone all’uso della forza. Ma la forza sarà sempre necessaria per difendersi dai malfattori e per amministrare la giustizia. Il libertarismo si oppone alle aggressioni contro gli innocenti, non alla coercizione in generale. Lo Stato è sempre stato l’aggressore principale, ma esiste anche il crimine privato. A favorire lo statalismo non è solo il collasso dell’autorità sociale, ma anche la rinuncia ad usare la coercizione contro i crimini reali. Se il crimine rimane poco o per nulla punito, come oggi, il comportamento immorale viene remunerato e incoraggiato, e pertanto si diffonde. I liberal e alcuni libertari affermano che non dobbiamo essere duri contro il crimine, perché per la maggior parte è causato dal razzismo bianco. Ma se fosse così, dato che abbiamo chiuso i giapponesi nei campi di concentramento, li abbiamo espropriati delle loro proprietà, e abbiamo avuto forti pregiudizi verso di loro, dovremmo tutti sentirci minacciati dai giapponesi.

In realtà il crimine è il risultato di un vizio morale, di una cosciente decisione di attaccare vite innocenti e proprietà per motivi immorali. Per questa ragione, più che per ragioni di deterrenza, il crimine deve essere punito rapidamente e duramente, anche se un sistema di giustizia libertario si concentrerebbe soprattutto sulla riparazione della vittima. L’attuale monopolio statale nella produzione della sicurezza interna è un fallimento. Le strade delle nostre metropoli sono diventate il regno dei barbari (senza offesa per i Visigoti). A New York, le denuncie di appartamenti scassinati vengono archiviate e dimenticate. A Washington i delitti violenti strappano solo sbadigli alla polizia e ai pubblici ministeri. Come tutti i burocrati, la polizia, i pubblici ministeri, e i giudici non hanno nessun incentivo a rispondere alla domanda dei consumatori, che in questo caso sono i potenziali consumatori di protezione o coloro che chiedono giustizia in tribunale. Non c’è sovranità del consumatore quando lo Stato ha il monopolio della lotta la crimine, e quando gli unici crimini che affronta seriamente sono quelli contro se stesso: contraffazione, evasione fiscale, ecc.

Conosco una donna che viveva in un’enclave italiana dentro i quartieri poveri di Cleveland abitata dalla working-class. Intorno a questo rifugio il crimine era fuori controllo, ma al suo interno le strade e le case erano sicure. Chiunque attraversasse l’area italiana e commettesse un crimine veniva quasi sempre catturato, grazie alla sorveglianza privata. Ma raramente il delinquente veniva condotto alla polizia, che l’avrebbe liberato in poche ore e lasciato libero di scatenarsi nuovamente. Veniva invece punito sul posto, e come risultato il crimine era rarissimo in quel rione. Per quanto non fosse un sistema ideale, era tutto sommato giusto e decisamente libertario. Tuttavia molti libertari si opporrebbero a questo sistema – benché rappresenti una risposta al fallimento statale – perché i criminali sono spesso di colore. I paleolibertari non hanno questi scrupoli. La punizione dovrebbe essere uguale per tutti.

Il ritorno del paganesimo

Il paleolibertarismo è per l’Uomo senza remore. Sostiene – e come potrebbe essere controverso?! – che solo l’uomo ha diritti, e che le politiche pubbliche basate su mitici diritti degli animali o delle piante producono necessariamente risultati perversi. Gli ambientalisti, d’altra parte, sostengono che gli uccelli, le piante, e perfino le acque abbiano il diritto di essere protette dalla produzione d’energia e da altre attività umane. Dalla chiocciola al pidocchio alla natura selvaggia nel suo insieme, tutto merita di essere protetto dalla produzione di beni e servizi per l’umanità. Gli ambientalisti sostengono che la natura si trovava in perfetto equilibrio prima dell’era moderna, e che occorre porre rimedio al deleterio sviluppo economico umano ritornando ad un livello di vita più primitivo. I leader del Green Party inglese idealizzano il grado di sviluppo economico che esisteva nel periodo compreso tra la caduta dell’Impero romano e l’incoronazione di Carlo Magno – in altre parole, dell’età buia. Friends of the Earth descrive la Rivoluzione Industriale, e l’enorme aumento degli standard di vita che ha apportato, come una “pianta malefica che si è estesa su tutta la terra”. Earth-First! ha come slogan “Torniamo al Pleistocene!”.

La decristianizzazione della politica ha prodotto un movimento ambientalista che non è solo anticapitalista, ma anche neo-pagano. Per il paganesimo l’uomo è solo una parte della natura – non più importante delle balene o dei lupi (e, in pratica, molto meno importante). Il Cristianesimo e il Giudaismo, invece, insegnano che Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli ha dato il dominio su tutta la Terra, che è stata creata per l’uso dell’uomo e non come un’entità con un autonomo valore morale. L’ordine naturale esiste per l’uomo e non viceversa; nessuna diversa concezione è compatibile con un libero mercato fondato sulla proprietà privata, e perciò con il libertarismo. L’adorazione degli ambientalisti davanti all’altare di Madre Natura diventa talvolta letterale, come nel caso di Gaia. Troppi libertari si uniscono a loro, dimostrando ancora una volta il detto di Chesterton che “la gente che non crede in nulla finirà per credere a tutto”.

I paleolibertari non si vergognano di preferire la civiltà alla natura selvaggia, ed è probabile che concordino con Nock quando diceva: “Io riesco a vedere la natura solo come un nemico: un nemico altamente rispettabile, ma pur sempre un nemico”. Politicamente non c’è motivo di essere timidi nella nostra posizione a favore dell’Uomo. Sono pochi gli Americani disposti a sacrificare la loro proprietà e prosperità per soddisfare delusioni pagane.

La sfida

Se gli Americani continuano a collegare il libertarismo con norme culturali repellenti, falliremo sicuramente. Ma se il paleolibertarismo riesce a spezzare questo legame, allora tutto è possibile. Perfino ai non paleolibertari dovrebbe dispiacere che il nostro movimento abbia una sola immagine culturale. Dovrebbero dare il benvenuto, nella classe media conservatrice americana, ai libertari tradizionalisti sul piano morale e culturale. Ma prevedo che non lo faranno, e ci saranno duri contrasti. Per quanto mi riguarda, questo scontro è benvenuto. Vogliamo rimanere una piccola e irrilevante associazione come il Libertarian Party? O dobbiamo realizzare la promessa di libertà e fare del nostro un movimento di massa com’era nel diciannovesimo secolo?

Il libertarismo è nato dopo i grandi sommovimenti nella destra degli anni ’40. Oggi i libertari possono e devono dialogare di nuovo con i risorgenti paleoconservatori, che sono in procinto di allontanarsi dai neoconservatori. Potremmo addirittura formare un’alleanza con loro. Insieme, paleolibertari e paleoconservatori possono ricostruire la grande coalizione anti-welfare state e antinterventista che era fiorita prima della seconda guerra mondiale e che era sopravvissuta alla guerra di Corea. Insieme, abbiamo la possibilità di ottenere la vittoria. Ma prima dobbiamo buttar via l’attuale immagine ripugnante, autodistruttiva, e inutile alla causa della libertà. Dobbiamo invece adottare un nuovo orientamento, che felicemente è proprio quello di una volta. Nel nuovo movimento, i libertari che personificano la corruzione presente si ridurranno numericamente al loro livello naturale, proprio come succederà al Partito Libertario, il loro pulpito. Alcuni troveranno doloroso tutto questo, ma io guardo oltre. Che il processo di chiarificazione inizi: da tempo ce n’era bisogno.

(Traduzione di Guglielmo Piombini)

 

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