EHRLICH E SIMON, I DUELLANTI

EHRLICH E SIMON, I DUELLANTI

Il Foglio, 12 novembre 2005

Per una affascinante ironia della sorte, l’ecologista Paul Ehrlich e l’uomo che lo ha ossessionato per tutta la vita, l’economista Julian Simon, nacquero nel 1932 nello stesso luogo, alla periferia di Newark, nel New Jersey, a soli tre mesi di distanza l’uno dall’altro, da genitori di origine ebraica. Le analogie però si fermano qui: per tutto il resto, è difficile trovare due persone intellettualmente e caratterialmente più diverse. Il primo, professore di biologia all’università di Stanford, è diventato famoso profetizzando terribili sciagure ambientali causate dalla sovrappopolazione. Il secondo, che ha insegnato gestione d’impresa all’università del Maryland fino alla sua scomparsa nel 1998, è sempre stato un inguaribile ottimista, convinto che la libertà economica e il progresso tecnologico avrebbero accresciuto indefinitamente le risorse a disposizione dell’umanità.

La notorietà di Ehrlich è legata al suo primo libro, “The Population Bomb”, che dal 1968 ad oggi ha venduto tre milioni di copie, ha influenzato generazioni di politici e di attivisti, e viene fatto ancora leggere agli studenti universitari. In questo best-seller, che iniziava con la frase ad effetto: “La battaglia per sfamare l’umanità è già perduta”, Erlich riprendeva le teorie diffuse due secoli prima dal reverendo inglese Thomas Malthus, secondo cui gli uomini, come le piante o gli animali, sono capaci di sovrariprodursi, e se non regolano le dimensioni delle proprie famiglie, inevitabilmente le carestie, le epidemie e le guerre spazzano via dalla terra le persone in sovrappiù. Rispetto alle previsioni di Ehrlich, che esortava a trattare la crescita della popolazione come una malattia cancerogena, quelle di Malthus erano però tutto sommato prudenti.

A leggerle oggi, infatti, le profezie contenute in “The Population Bomb” appaiono non solo sballate, ma completamente assurde: “Negli anni Settanta”, scriveva Ehrlich, “il mondo soffrirà la carestia, e centinaia di milioni di persone sono destinate a morire di fame… ma questi sono solo una manciata rispetto a quelli che moriranno prima della fine del secolo. A questo punto però è già troppo tardi per intervenire”. La fame non sarebbe stata l’unico flagello a funestare l’umanità: “Nel 1984 gli Stati Uniti moriranno letteralmente di sete… e se la temperatura si abbasserà di qualche grado, una nuova era glaciale potrebbe incombere su di noi, con rapidi e drastici effetti sulla produttività agricola delle regioni temperate… Io prevedo che il suolo si deteriorerà man mano che si intensificano le crisi alimentari. Il cibo diventerà molto più costoso e molti diventeranno vegetariani”. A tutto questo si sarebbe aggiunto il rischio di un conflitto nucleare, dato che la competizione tra le nazioni per accaparrarsi le risorse sarebbe diventata sempre più furiosa.

Ehrlich ipotizzava tre possibili scenari per il decennio a venire. Nello scenario peggiore la carestia mondiale, dopo aver fatto miliardi di vittime, avrebbe condotto alla guerra nucleare e all’autodistruzione dell’umanità. Nel secondo scenario le epidemie avrebbero falciato un terzo della popolazione mondiale, dopodiché “la lezione della sovrappopolazione sarebbe diventata chiara a tutti”. Nel migliore dei tre scenari gli americani, dimostrando una inaspettata “maturità di vedute”, avrebbero adottato i suoi suggerimenti; un nuovo Papa avrebbe dato la benedizione all’aborto, e solo mezzo miliardo di persone sarebbe morto di fame.

Per disinnescare la bomba della sovrappopolazione, il biologo di Stanford proponeva di tassare fortemente i prodotti per l’infanzia (come i corredini, le culle, i pannolini, i giocattoli), incentivare le coppie che restassero per almeno cinque anni senza figli, organizzare una lotteria destinata alle famiglie poco numerose, diffondere l’educazione sessuale, sussidiare l’aborto e facilitare l’accesso alla sterilizzazione. “Ovviamente”, spiegava Ehrlich, “queste misure devono essere coordinate da una potente agenzia statale. Bisogna istituire un Ufficio Federale per la Popolazione e l’Ambiente che determini la popolazione ottimale degli Stati Uniti ed escogiti misure per attuarla”. Sul piano internazionale il governo americano doveva combattere la crescita della popolazione anche ricorrendo alla forza militare. In India, ad esempio, doveva imporre la sterilizzazione forzata a tutti gli uomini con più di tre figli. Ehrlich non negava gli aspetti totalitari del suo programma: “L’operazione richiederà molte decisioni apparentemente brutali e senza cuore. Si tratta di coercizione? Forse, ma coercizione per una buona causa”. Questa era forse l’affermazione più onesta e veritiera di tutto il libro.

Negli anni successivi all’uscita di “The Population Bomb”, Ehrlich continuò a fare incaute profezie. Nel 1969 disse che “verso la metà degli anni Ottanta saranno morte abbastanza persone da ridurre la popolazione della terra al più accettabile livello di un miliardo e mezzo”. In un articolo intitolato “Eco-catastrophe!”, uscito lo stesso anno, predisse che nel 1980 l’aspettativa di vita negli Stati Uniti sarebbe scesa a 42 anni a causa dell’uso dei pesticidi, e che nel 1999 la popolazione americana si sarebbe ridotta a 22,6 milioni. Nel 1974, nel libro “The End of Affluence”, aggiunse qualche tocco romanzesco alla sua prosa, immaginando il presidente americano che scioglie il Congresso durante le rivolte per il cibo degli anni Ottanta, e gli Stati Uniti che subiscono un attacco nucleare in risposta al loro eccessivo uso di insetticidi. Proprio così: gli americani sarebbero stati puniti con le armi nucleari per aver ucciso troppi insetti!

Nessuna di queste fantasiose previsioni si è neanche lontanamente verificata. È successo invece il contrario: la popolazione mondiale ha superato i sei miliardi, ma il cibo è divenuto più abbondante; l’acqua potabile è diventata più pulita e ce n’è ancora a sufficienza; la crescita economica è proseguita speditamente negli ultimi decenni, particolarmente in Asia; il pianeta non è stato funestato da alcuna glaciazione, ma casomai ci si preoccupa del riscaldamento globale; non c’è stata la guerra nucleare, ma la Guerra Fredda è terminata; i progressi della medicina hanno permesso di vincere malattie un tempo mortali, e l’aspettativa media di vita è cresciuta esponenzialmente.

La scommessa

Ehrlich, tuttavia, è un uomo troppo pieno di sé per scusarsi dei propri continui e ripetuti errori. Occorreva che qualcuno lo rimettesse con i piedi per terra, e questa fu la missione di Julian Simon, la cui sistematica opera di confutazione delle teorie neomaltusiane lo porterà a scrivere trentasette libri e più di 330 articoli. L’attenzione ai dati reali e la fiducia nei risultati concreti e constatabili, tipica di un economista specializzato nel marketing, lo avevano infatti portato ad una conclusione univoca: le condizioni di vita sulla terra stavano decisamente migliorando. Come dimostrò nel suo capolavoro “The Ultimate Resource” (Princeton University Press, 1981, aggiornato nel 1996 con il titolo “The Ultimate Resource 2”) i segni erano ovunque e innegabili. Proprio l’aumento della popolazione mondiale, lungi dall’angosciarci, rappresentava “la nostra più grande vittoria sulla morte”.

Mentre Ehrlich vede l’uomo sotto un solo aspetto, quello del consumatore e del distruttore, per Simon l’uomo è soprattutto un produttore creativo. Le risorse, infatti, non esistono in natura, ma solo nella mente dell’uomo. Tutte quelle che oggi consideriamo risorse naturali (come il ferro, il carbone, il petrolio, l’alluminio, il radio, l’uranio o il silicio) in passato non lo erano, perché l’uomo non sapeva utilizzarle a proprio vantaggio. Quindi più andiamo avanti, più scopriamo risorse che nessuno immaginava. Affermare che le risorse sono limitate e che prima o poi finiranno equivale a dire che l’uomo in futuro smetterà di pensare, ossia cesserà di essere un uomo. Per Simon, il grave errore antropologico su cui si fondano le tesi apocalittiche degli ambientalisti è quello di considerare l’uomo alla stregua di un animale, privo di ragione e incapace di modificare a proprio vantaggio l’ambiente circostante.

Se il misantropo Ehrlich disprezza gran parte dell’umanità (“La nostra popolazione”, ha scritto in un’occasione, “è divisa in due: un gruppo relativamente piccolo impegnato nella preservazione della bellezza e della natura, e un gruppo molto più vasto impegnato nella distruzione di entrambe, o quantomeno indifferente”), Simon è pieno di ammirazione e rispetto per i propri simili. Più esseri umani significano più idee nuove, più specializzazioni e più scambi, e per questa ragione i nuovi arrivati nella società, che siano neonati o immigrati, vanno accolti come una benedizione: “L’ultima risorsa”, scrive Simon, “è la gente dotata di capacità, di forza d’animo e di speranza, che impieghi la propria volontà e immaginazione a beneficio di tutti. Se prendiamo in considerazione anche gli aspetti non materiali dei bambini, come il significato che hanno per i genitori e per coloro che si felicitano di un’umanità in crescita, aggiungere bambini al nostro mondo diventa ancora più importante”. Coerentemente alle proprie idee, Simon ha avuto tre figli, mentre Ehrlich dopo il primo figlio si è fatto sterilizzare con un intervento di vasectomia.

I loro destini si incrociano per la prima volta nel 1980, quando Simon decide di “testare” le tesi contrapposte, proponendo ad Ehrlich una scommessa di 1000 dollari divenuta famosa. Gli concesse il vantaggio di scegliere cinque materie prime: se dopo dieci anni il loro prezzo fosse aumentato, dimostrando di essere diventate più scarse, Simon gli avrebbe pagato la differenza; se invece il prezzo fosse diminuito, confermando di essere diventate più abbondanti, sarebbe stato Ehrlich a dover pagare la differenza al suo sfidante. Il famoso ambientalista accettò con spacconeria la scommessa, a suo dire troppo facile da vincere, lanciata dall’eccentrico economista. Scelse il cromo, il rame, i nickel, lo stagno e il tungsteno. Altri suoi colleghi si unirono nella scommessa. Dopo dieci anni, si arrivò alla resa dei conti.

Nel 1990 i prezzi erano fortemente calati ed Ehrlich ammise la sconfitta, inviando un assegno di 576,07 dollari a Simon, che gli propose il lascia o raddoppia, ma Ehrlich rinunciò. La stessa diminuzione di prezzo, del resto, si era verificata anche per il cibo, il petrolio, l’oro, l’argento e molte altre importanti risorse mondiali. Il risultato era così schiacciante a favore di Simon, che avrebbe vinto anche se non avessero tenuto conto dell’inflazione. Simon aveva avuto ragione: grazie al proprio ingegno gli uomini avevano reso più abbondanti le risorse della natura. Ehrlich invece aveva fatto una ennesima imbarazzante previsione sbagliata davanti al mondo intero. “Mi ha fatto fare la figura dello scemo”, si lamentò.

La star e l’appestato

Malgrado la lezione ricevuta, Ehrlich continuò imperterrito a profetizzare disgrazie, senza perdere la sua sicumera. Nel 1991 pubblicò “The Population Explosion”, nel quale avvertì i suoi lettori che, malgrado l’accresciuta produzione di grano nel decennio passato, perfino le più “assurdamente ottimistiche” proiezioni mostravano che il mondo avrebbe affrontato una paurosa crisi alimentare entro il 2000. In questo libro non nominò mai il nome del suo acerrimo avversario, limitandosi a chiamarlo sprezzantemente “economista specializzato nel marketing delle vendite per corrispondenza”. Nel 2004 un intervistatore gli ha chiesto se credesse ancora nelle sue previsioni, e la risposta di Ehrlich è stata evasiva e arrogante: “Mia moglie ed io abbiamo sempre seguito le proiezioni sulla popolazione compilate dalle Nazioni Unite, così come modificate dal Population Reference Bureau. Quindi noi non abbiamo mai fatto delle predizioni, a dispetto di quello che pensano gli idioti”.

Che Ehrlich si rifiuti di ammettere i propri sbagli è umanamente comprensibile. Assai meno giustificabili sono le schiere di intellettuali e di giornalisti che hanno continuato ad omaggiarlo come un genio. Più il profeta della sovrappopolazione le sparava grosse, più il suo ascendente cresceva nei movimenti ambientalisti (che ha contribuito in larga misura a radicalizzare), nei salotti, nei media e nelle accademie. Le sue apparizioni televisive sono andate moltiplicandosi, e per venti volte è stato chiamato a parlare al famoso Johnny Carson Show. La NBC lo ha invitato a produrre un programma in dodici puntate sull’ecologia, mentre la PBS ha realizzato un documentario sulle sue opere. Nel 1990 l’Accademia Reale Svedese delle Scienze gli ha conferito il premio Craaford, una sorta di Nobel per gli ambientalisti, mentre la McArthur Foundation lo ha premiato con 345.000 dollari; nel 1993 gli è stato conferito il World Ecology Award, in passato vinto da personaggi come Jacques Cousteau; nel 1995 ha ricevuto insieme a sua moglie un premio di 250.000 dollari dalla fondazione Heinz; nel 1998 la coppia è stata onorata con il premio Tyler del valore di 200.000 dollari; nel 1999 la fondazione giapponese Asahi gli ha conferito un premio del valore di 422.000 dollari. Se si aggiungono gli innumerevoli riconoscimenti minori, nella sua carriera Ehrlich ha intascato diversi milioni di dollari in premiazioni. “Provate ad immaginare un gestore di fondi d’investimento che per trent’anni consecutivi sbagli ogni previsione, e malgrado ciò conservi la reputazione di mago della finanza. Ecco, questo è Paul Ehrlich”, ha osservato il giornalista scientifico Michael Fumento.

Ben diversa è stata invece la sorte di Julian Simon. Pur avendo visto giusto praticamente su tutto, l’establishment l’ha sempre trattato come un paria, perché quello che diceva non era “politicamente corretto”: così va il mondo. Le sue idee hanno avuto però una rivincita postuma, grazie alla notorietà conquistata da Bjorn Lomborg, uno statistico danese di sinistra ed ex attivista di Greenpeace, che aveva deciso di fondare un gruppo di studio per confutare le tesi contenute nel libro di Julian Simon. Per sua sorpresa, si accorse che alla prova dei fatti Simon aveva ragione. Il suo best-seller planetario, “L’ambientalista scettico” (Mondadori, 2003), è il frutto di queste ricerche svolte con una rara onestà intellettuale, che fanno di Lomborg l’erede intellettuale di Simon. E insieme a lui si va sviluppando una rigogliosa scuola di ambientalisti liberali, ecologisti di mercato e studiosi eco-ottimisti, non più disposti ad accettare come oro colato le continue lamentele apocalittiche degli ambientalisti radicali.

Lascia un commento