MORIREMO PRESTO TUTTI ISLAMICI. O FORSE NO

MORIREMO PRESTO TUTTI ISLAMICI. O FORSE NO

Il Domenicale, 7 gennaio 2006

Solo cinque anni fa l’idea che l’Europa fosse un continente decadente, nichilista e senza voglia di futuro sembrava una provocazione, ma oggi è diventata quasi un cliché. Il prolungato calo delle nascite e il declino della pratica religiosa vengono visti sempre più spesso come i sintomi di una grave crisi spirituale, che condurrà secondo alcuni autorevoli studiosi (come Niall Ferguson, Bernard Lewis o George Weigel) all’islamizzazione dell’Europa entro un centinaio d’anni.

I calcoli matematici, infatti, confermano che, se gli attuali trend demografici permangono costanti fino alla fine del secolo, la popolazione europea (con un tasso di natalità di 1,4 figli per donna) si ridurrà dagli attuali 700 milioni ad appena 200 milioni di abitanti, e i musulmani saranno in maggioranza. Nello stesso tempo la popolazione degli Stati Uniti, con un tasso di natalità attualmente vicino al fatidico numero di 2,1 figli per donna, aumenterà fino a raggiungere nel 2050 i 400 milioni di abitanti. Di fronte ad uno scenario del genere, gli osservatori americani si chiedono se una futura Europa a maggioranza musulmana farà ancora parte dell’Occidente, o se si trasformerà in un continente nemico degli Stati Uniti.

Si tratta quindi di capire se gli europei hanno abbracciato definitivamente una mentalità materialista, relativista e postcristiana, condannandosi all’estinzione in una futura Eurabia dominata dai musulmani, o se invece desiderano ancora trasmettere la propria eredità culturale ai propri discendenti, perché non diventino stranieri nella propria terra. A questa domanda, cruciale per il nostro destino, offre una risposta di speranza l’editorialista del Washington Times Tony Blankley nel nuovissimo libro The West’s Last Chance. Will We Win the Clash of Civilization? (Regnery, Washington 2005).

Non c’è dubbio che le proiezioni demografiche siano allarmanti, ma quando si analizzano eventi che riguardano le azioni e le decisioni umane non vi è nulla di più fuorviante della frase “se continuano gli attuali trend”. Gli uomini tendono a credere che ciò che accade da tempo continuerà a ripetersi immutabilmente, ma in realtà la storia umana è sempre stata caratterizzata da bruschi ed inaspettati cambiamenti. Secondo Blankley esistono molte valide ragioni per ritenere che gli attuali trend culturali, religiosi e demografici europei non continueranno a lungo.

In primo luogo, perché sembra che stia cambiando la percezione degli europei verso l’immigrazione islamica, soprattutto dopo i crudeli attentati avvenuti in Europa, come l’uccisione del regista olandese Theo van Gogh. A dispetto della propaganda “politicamente corretta” diffusa dalle élite politiche e culturali, la gente comune si sta accorgendo che la grande maggioranza degli islamici non cerca affatto l’integrazione, ma persegue un piano a lunga scadenza di dominazione dell’Europa con mezzi diversi dal passato.

In secondo luogo, il contatto con una cultura completamente diversa e fortemente ostile come quella islamica sta facendo riscoprire in molti europei i tanti aspetti positivi, a lungo trascurati, della propria fede cristiana. Benedetto XVI sta concentrando gli sforzi maggiori del suo pontificato nell’obiettivo di riaccendere la fiamma delle fede cristiana in Europa, e i segnali di un risveglio religioso non mancano. Malgrado tutto, gli europei che si dichiarano atei o agnostici nei sondaggi d’opinione sono una piccola minoranza.

In terzo luogo, l’inevitabile crisi fiscale degli stati assistenziali imporrà dei drastici cambiamenti sociali. Negli ultimi decenni il welfare state ha contribuito fortemente alla denatalità, dando a molte persone l’illusione di poter evitare i sacrifici e i costi legati all’allevamento dei figli senza subire alcuna conseguenza futura, nella certezza che lo Stato le avrebbe mantenute e assistite durante la vecchiaia. Troppe persone hanno fatto i calcoli in questo modo, e di conseguenza non sono mai nate le generazioni incaricate di pagarne il conto. Tra pochi anni infatti cominceranno a ritirarsi dal lavoro i numerosi baby-boomers nati nel dopoguerra, proprio quando il numero dei produttori e dei contribuenti si ridurrà drasticamente per effetto del calo demografico.

L’inevitabile collasso della sicurezza sociale restituirà però un ruolo fondamentale alle associazioni caritatevoli religiose, e innescherà molto probabilmente un nuovo boom delle nascite, perché durante gli austeri tempi di magra i figli torneranno a rappresentare un’indispensabile protezione per la tarda età. Minacciati dall’aggressione islamica e dalla crisi dello Stato sociale, gli europei torneranno a comportarsi come hanno sempre fatto nelle circostanze difficili, abbandonando gli stili di vita edonistici e ritornando alla fede e alla famiglia.

È probabile infatti che in Europa il ciclo della secolarizzazione abbia già raggiunto il suo culmine in questi anni, con l’arrivo dei protagonisti della contestazione nei posti chiave del potere. L’evoluzione suicida dell’Europa è infatti il risultato di una rivoluzione culturale iniziata negli anni Sessanta dagli intellettuali di sinistra e associata a ideali secolari (quali l’ugualitarismo, il relativismo morale, il multiculturalismo, le pari opportunità, la liberazione sessuale, il materialismo e l’edonismo) che hanno eroso negli uomini occidentali la volontà di vivere una vita produttiva, di moltiplicarsi e di affermare e difendere la propria cultura.

Sarebbe però un errore, secondo Blankley, dare un giudizio finale e definitivo sul destino di un’intera civiltà basandosi solo sugli atteggiamenti particolarmente distruttivi di un’unica generazione. Man mano che uscirà di scena la generazione antinatalista e statalista dei sessantottini, rifioriranno le istituzioni tradizionali come le famiglie, le chiese, le comunità, i mercati, e il vecchio continente scongiurerà la propria estinzione. 

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