COSI’ RONNIE, MAGGIE E KAROL HANNO CAMBIATO IL MONDO

COSI’ RONNIE, MAGGIE E KAROL HANNO CAMBIATO IL MONDO

Libero, 9 febbraio 2007

John O’Sullivan, ex consigliere della Thatcher e oggi redattore della rivista National Review, ha dedicato il suo nuovo libro The President, the Pope, and the Prime Minister. Three Who Changed the World (Regnery, Washington, pp. 360, $ 27.95) ai tre eroi della Guerra Fredda che con le loro scelte audaci “cambiarono il mondo”, determinando in maniera decisiva il trionfo dell’Occidente sul totalitarismo sovietico: Ronald Reagan, Giovanni Paolo II e Margareth Thatcher.

Oggi molti storici minimizzano il loro contributo e sostengono, con il senno di poi, che la vittoria dell’Occidente era inevitabile, perché il sistema economico e militare sovietico non era più in grado di reggere la sfida. In realtà chi visse quegli avvenimenti sa che il confronto fu per lungo tempo difficile e incerto. La potenza ideologica e militare del mondo comunista sembrava irresistibile, e il successo finale del mondo occidentale fu reso possibile solo dalla fede nella vittoria e dalle decisioni coraggiose di questi suoi tre leader.

Lungi dall’essere predeterminata fin dal suo inizio, l’affascinante storia della Guerra Fredda raccontata da O’Sullivan è ricca d’imprevisti e di autentici miracoli. Chi avrebbe mai potuto prevedere che un attore di film di serie B, un prete polacco e la figlia di un droghiere di provincia sarebbero diventati i protagonisti delle vicende della seconda metà del ventesimo secolo? La loro ascesa sembrava del tutto improbabile alla metà degli anni Settanta, quando occupavano posizioni di medio livello nelle gerarchie politiche o ecclesiastiche. In quegli anni, secondo O’Sullivan, non potevano emergere perché nella mentalità corrente erano considerati troppo conservatori (la Thatcher), troppo cattolici (Giovanni Paolo II) o troppo “americani”, cioè troppo ottimisti (Ronald Reagan).

Solo l’aggravarsi della crisi spinse la gente ad orientarsi verso leader carismatici disposti ad affrontare dei rischi. Gli anni Settanta furono infatti un decennio da incubo per l’Occidente. Tutto sembrava volgere al peggio: l’economia era devastata dall’inflazione e dalla recessione, l’Opec aveva quadruplicato il costo del greggio nel 1973, la criminalità e il terrorismo imperversavano, l’America aveva perso ignominiosamente la guerra del Vietnam, il comunismo si espandeva rapidamente in Asia, in Africa e in America centrale.

Jimmy Carter, uno dei peggiori presidenti della storia americana, incarnava perfettamente il senso di smarrimento e di incertezza dell’America di quegli anni. Con i suoi errori stava quasi per perdere la Guerra Fredda e per distruggere l’economia americana. Perdipiù, favorendo la caduta dello Scià di Persia, spianò la strada alla rivoluzione islamica dell’ayatollah Khomeini, la scintilla che nei decenni successivi avrebbe fatto esplodere l’integralismo islamico in tutto il mondo.

Per risollevare l’America dal baratro occorreva una personalità che ispirasse fiducia e coraggio, e nelle elezioni del 1980 Carter subì contro Ronald Reagan la più grave disfatta elettorale di un presidente in carica nella storia americana, perdendo per 49 voti elettorali contro 489. Anche Giovanni Paolo II e Margareth Thatcher furono chiamati a rimettere in sesto una Chiesa sconquassata dai disordini postconciliari e un Regno Unito funestato da scioperi e crisi economiche.

Li accomunò un altro aspetto prodigioso: tutti e tre scamparono per un soffio ad attentati potenzialmente mortali. Reagan e il Papa sarebbero morti se i colpi sparati da John Hinckley il 30 marzo 1980 e da Ali Agca il 13 maggio 1981 fossero penetrati ad un millimetro o due di distanza; anche la Thatcher il 12 ottobre 1984 uscì incredibilmente indenne dall’esplosione di una bomba dell’IRA, che distrusse completamente la stanza d’albergo di fianco alla sua, uccidendo cinque persone e ferendone molte altre. Reagan e Giovanni Paolo II ebbero la stessa certezza di essere stati aiutati da una mano divina che deviò miracolosamente le pallottole, salvando la vita agli uomini che, senza alcun spargimento di sangue, avrebbero fatto crollare l’ateo “impero del male”.

Questa convinzione li spinse a giocare una partita molto rischiosa, che avrebbe potuto trasformare la guerra fredda in guerra calda, o addirittura in conflitto nucleare. Ronald Reagan, Karol Wojtila e Margareth Thatcher non credevano ai sostenitori della “coesistenza” o della “Ostpolitik”, che consigliavano di scendere a patti con il comunismo perché il regime sovietico era solido e sarebbe durato indefinitamente. Erano invece convinti che il sistema comunista fosse viziato alla radice, e che andasse contrastato con risolutezza sul piano morale. La storia gli ha dato ragione.

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