Bohm-Bawerk, Eugen Von – Potere o legge economica

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Perchè la presunzione politica di calpestare le leggi dell’economia produce sempre immani tragedie sociali

Edizioni: Rubbettino   Anno: 1999   pag. 142

COD: 018-86 Categoria:

Descrizione

Prefazione di Lorenzo Infantino
Il saggio è uno dei più fecondi contributi che Eugen von Böhm-Bawerk, esponente di primo piano della“Scuola austriaca”, ha fornito alla teoria economica e alle scienze sociali. In esso egli mostra come il diktat imperativo del potere non sia in grado di agire contro le “leggi economiche del valore, del prezzo e della distribuzione”.

1 recensione per Bohm-Bawerk, Eugen Von – Potere o legge economica

  1. Guglielmo Piombini

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    Recensione di Carlo Zucchi

    Pubblicato nel 1914, questo saggio sarebbe un utile strumento per tutti quegli ingegneri sociali, presenti nei governi dei vari paesi (democratici e non), che si illudono di poter piegare le rispettive economie ai loro progetti. Nonostante questi progetti possano essere portati avanti da persone oneste ispirate da nobili motivazioni etiche, e godano di consenso presso gran parte della popolazione, le leggi economiche, in quanto leggi naturali, dispiegano comunque i loro effetti, producendo conseguenze inintenzionali opposte a quelle previste dagli ingegneri sociali in questione. Nessun diktat imperativo del potere, quindi, é in grado di agire contro le “leggi del valore, del prezzo e della distribuzione”. Lo stesso discorso vale per coloro che, ispirati da intenzioni più o meno nobili, richiedono leggi i cui “effetti collaterali” risultano spesso imprevedibili e di tale portata da vanificare le suddette intenzioni.

    Se le leggi economiche sono appunto leggi naturali che operano indipendentemente dalla volontà umana, i loro effetti sono spesso distorti dall’opera di governanti e gruppi di pressione come i sindacati, le cui richieste producono spesso effetti indesiderati alquanto gravi. Boehm-Bawerk, come tutti gli esponenti della scuola austriaca, dovette misurarsi sia con i marxisti, sia con i membri dell’allora scuola storica tedesca, capitanata da Gustav Schmoller, leader, dei c.d. socialisti della cattedra. Entrambi illiberali e fautori del “primato della politica”, i primi predicavano una pianificazione integrale di produzione e distribuzione e l’abolizione totale della proprietà privata, mentre i secondi preferivano ricorrere a una forma di interventismo generalizzato, una sorta di “socialismo di Stato” senza abolire del tutto la proprietà privata, ma condizionandola pesantemente. Secondo Schmoller e soci, quelle economiche non erano leggi esatte, in quanto trascuravano il dato storico-giuridico e poiché erano incapaci di cogliere l’unico e l’irripetibile, dovevano lasciare il posto a un potere politico affrancato da vincoli e condizioni.

    Secondo Boehm-Bawerk, i fenomeni economici si svolgono sempre all’interno di un habitat normativo, per cui “deve esserci sempre un ordinamento giuridico, comunque costituito” e “Non esistono nessun prezzo e nessuna distribuzione, che non abbiano un risvolto storico-giuridico, tranne che non siano atti di vero e proprio brigantaggio o cose simili. In qualsiasi società civilizzata deve pur esserci un qualsiasi ordinamento giuridico che entra in vigore tutte le volte che due soggetti sociali entrano in rapporto reciproco, e che perciò, comunque sia costituito, influenza in un modo o nell’altro, il contenuto e la forma di quel rapporto. Collocare pertanto i fenomeni distributivi sotto la “categoria sociale” in opposizione a quella “naturale” significa dire troppo o troppo poco”. Può quindi lo Stato, con le sue interferenze, modificare il corso delle vicende economiche? Poiché l’economia politica è nata come critica allo Stato interventista, Boehm-Bawerk risponde che “nella vita economica esistono leggi contro le quali la volontà umana, quand’anche sia quella dello stato con tutto il suo potere, resta impotente”. E allo stesso modo, Boehm-Bawerk considera gli effetti degli “interventi artificiosi delle forze sociali”, soffermandosi con ricchezza di dettaglio sulle coalizioni imprenditoriali e operaie. Nel caso delle coalizioni imprenditoriali, già difficili da mettere in piedi, i risultati ottenuti non possono essere permanenti e lo stesso accade nel caso delle coalizioni operaie, dato che “per evitare perdite nette insostenibili nel lungo periodo, gli imprenditori sono costretti a coprire l’aumento salariale con un aumento della produttività marginale del lavoro”.

    Il diktat imperativo del potere, quindi, non può agire contro, ma solamente nell’ambito delle leggi economiche del valore, del prezzo e della distribuzione e non può annullarle, ma soltanto confermarle. Come ha sostenuto Schumpeter: ”Questo saggio è importante per le indicazioni che fornisce sulla direzione lungo la quale dovrebbe procedere la ricerca teorica, e sui numerosissimi problemi di dettaglio di cui non riusciamo a intravedere chiaramente i contorni. Si tratta di altrettanti moniti che ha voluto farci pervenire come ultimo messaggio prima di lasciarci”.

     

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