LOTTIERI, CARLO – Credere Nello Stato

 15,00

Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a Wikileaks

Gli inganni e le menzogne con cui gli stati da sempre cercano di legittimare e salvaguadare il proprio potere

Edizioni: Rubbettino   Anno: 2012   pag. 196

COD: 018-1172 Categoria:

Descrizione

 

Un’istituzione quale lo Stato moderno, che fin dai suoi primi passi si è autorappresentata quale sovrana e interprete di un potere assoluto (libero da ogni vincolo), è del tutto incomprensibile se non si coglie il legame che da sempre essa intrattiene con la teologia.

Dal momento che pretende obbedienza e rivendica un controllo monopolistico della forza sul territorio, lo Stato intreccia insomma questioni istituzionali e religiose: prima rivendicando una legittimazione di carattere sacrale e utilizzando la religione quale instrumentum regni, poi prospettandosi come alternativa metafisica e fonte autentica di ogni possibile salvezza e, infine, interpretando il venir meno di ogni trascendenza e il trionfo dello strumentalismo.

Il presente volume, che evoca un gran numero di questioni e autori senza avere la presunzione di individuare una soluzione definitiva a dibattiti tanto complessi, traccia un percorso volto a chiedersi se si possa davvero aver fede nello Stato, facendone il senso ultimo della nostra esistenza, e prestar fede a quanto affermano gli ideologi schierati a sua difesa.

Il tema della teologia politica e quello della dissimulazione – dello Stato quale fonte di occultamento della realtà – sono d’altro canto strettamente legati, dato che l’aperta sfida che il potere moderno ha lanciato alle confessioni religiose propriamente dette lo ha costretto a moltiplicare le falsificazioni e gli inganni.

1 recensione per LOTTIERI, CARLO – Credere Nello Stato

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Domenico Letizia

    Lo stato enorme carrozza antimoderna di burocrazia, economia, società, sociologia e moralismo? Non solo, lo stato rappresenta soprattutto, e questo è il maggior dei danni, una teologia, una fede, e come tale risulta metafisicamente difficile da scalfire, proprio come ogni dogma che la storia, in verità l’umanità, ci ha consegnato.

    Un’istituzione quale lo Stato moderno, che fin dai suoi primi passi si è autorappresentata quale sovrana assoluta, inafferrabile, autonoma, ma di tutti in principio, è innegabile non raccoglierne il legame con la teologia. “Dal momento che pretende obbedienza e rivendica un controllo monopolistico della forza sul territorio, lo Stato intreccia insomma questioni istituzionali e religiose: prima rivendicando una legittimazione di carattere sacrale e utilizzando la religione quale instrumentum regni, poi prospettandosi come alternativa metafisica e fonte autentica di ogni possibile salvezza e, infine, interpretando il venir meno di ogni trascendenza e il trionfo dello strumentalismo”, rivendica con forza Carlo Lottieri.

    Come dargli torto? In questo secolo con la schiacciante visione della Grecia si è capito che anche “lo stato” può fallire, questa fede dogmatica risulta ora più debole e compromessa ad un relativismo sociale che non può che potare una ventata di benessere all’individuo. Utile domandarsi e intraprendere un percorso volto a chiedersi se si possa davvero aver fede nello Stato, facendone il senso ultimo della nostra esistenza, e prestar fede a quanto affermano gli ideologi schierati a sua difesa. Ci fa notare lo stato quale fonte di occultamento della realtà, ecco perché allora dubitare della sua solidarietà e soprattutto della sua mano, quella gigantesca, inevitabilmente visibile delle Grandi Opere, frutto per principio dello statalismo ( dato che nessun privato potrebbe accollarsi il costo, la spesa e la burocrazia di tali opere senza l’aiuto statale).

    Passando dai mega inceneritori al TAV, al Ponte sullo Stretto, devastazione ambientale globalizzata nel nome del progresso e dello statalismo, le grandi opere hanno tutte una caratteristica in comune in qualsiasi parte del mondo vengano attualizzate: quella di generare e far circolare grandi movimentazioni di denaro che creano arricchimento per le élites ed impoverimento e degrado ambientale per molti, questo il quadro che ci dipinge Marco Cedolin sostenitore della decrescita. Di decrescita giustamente si deve parlare, ma soprattutto di “Decrescita dello stato”. Abolendo e declassificando questa teologia, non si smascherano inevitabilmente e automaticamente i suoi sostenitori, seguaci e profeti? Un lavoro inevitabile soprattutto per il bene comune.

    “Fogli di Via”, Marzo 2012

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