MINGARDI, ALBERTO (CUR.) – Antitrust

 8,00

Mito e realtà dei monopoli

“La legislazione antitrust spesso si è rivelata uno strumento a tutto
vantaggio dei governi, ma non dei consumatori, che della concorrenza
sono invece gli eterni beneficiari”.
(Dalla prefazione di Sergio Ricossa)

Edizioni: Rubbettino/Leonardo Facco   Anno: 2004   pag. 154

 

COD: 018-266 Categoria:

Descrizione

“Antitrust” e “concorrenza” sono due termini che di norma vengono affiancati, quasi che l’uno fosse condizione necessaria per l’esistenza dell’altra. Spesso, però, le leggi contro le concentrazioni, con il pretesto di proteggerla, finiscono per danneggiare la concorrenza: sbarrando la strada a quelle imprese che meglio sanno incontrare i gusti e le preferenze dei consumatori.

Come ha scritto Alan Greenspan nell’intervento contenuto in questo libro, “L’intera struttura delle leggi antitrust . è un guazzabuglio di irrazionalità economica e ignoranza. Essa è il prodotto di un’interpretazione della storia grossolanamente sbagliata, e di teorie economiche piuttosto ingenue e certamente irrealistiche”.

L’unico “monopolio” ad essere veramente tale è infatti il monopolio garantito e sancito dallo Stato: le imprese in “posizione dominante”, che finiscono nel mirino delle autorità antitrust, non sono altro che aziende capaci di soddisfare al meglio i desideri dei consumatori.

I contributi raccolti in questo volume gettano quindi luce sul mito e la realtà dei monopoli: svelando come le leggi antitrust siano funzionali alla tutela di industrie inefficienti. I contributi di Yale Brozen, Clyde Warner Crews,Alan Greenspan, Bruno Leoni e Richard B. McKenzie offrono un punto di vista inedito in Italia su una questione sempre d’attualità.

INDICE DEL LIBRO

Sergio Ricossa, Prefazione
Alberto Mingardi, Introduzione
Bruno Leoni, Mito e realtà dei monopoli
Alan Greenspan, Antitrust: miti e leggende
Yale Brozen, L’attacco alle concentrazioni
Clyde Wayne Crews jr., I dieci peccati della libera impresa. Perchè le pratiche “anticompetitive” possono beneficiare i consumatori
Richard McKenzie, La “barriera all’ingresso delle applicazioni” Microsoft. I 70.000 programmi mancanti

Recensione di Francesco Galietti

Uno dei posti da commissario UE più ambiti è, manco a dirlo, quello del responsabile dell’antitrust. In questi anni si è detto e scritto ogni bene possibile dell’operato di Mario Monti, ma quasi mai i commenti sono scesi nel merito della questione antitrust. Già, forse anche perché in realtà su monopoli e antitrust la gente (e, quel che è peggio, anche giornalisti e sedicenti esperti) ha le idee poco chiare. Basta sfogliare le prime pagine di “Antitrust. Mito e realtà dei monopoli”, curato da Alberto Mingardi, per scoprire come troppo spesso vi siano degli equivoci circa l’idea stessa di monopolio. E vedere come si seguiti a credere all’equazione «monopolio = male per il consumatore», e come dietro a larga parte dei discorsi che si fanno in materia di antitrust pesi, vistosissima, un’infrastruttura teorica tanto complessa quanto irreale.

L’idea del curatore di questa agile Kampfschrift, giacché il testo non fa nulla per nascondere una giustificabilissima verve polemica, è semplice ed efficace: riunire cinque piccoli saggi che, sinotticamente, affrontino il problema dell’antitrust, rendendolo scevro di ogni elemento mitico. Il tutto condito dalla prefazione di Sergio Ricossa, economista decano di Torino, da lunghissimi anni abituato a gridare «il re è nudo» quando è realmente così. E’ piacevole, peraltro, leggere testi privi dello stile da trombone che troppe volte si riscontra in ambito accademico, quando i relatori parlano una lingua per eletti e non cercano invece la chiarezza. Non così avviene nei saggi di Bruno Leoni, Yale Brozen, Clyde Warner Crews, Richard B.McKenzie e di un ancora giovane Alan Greenspan.

Per cui non è difficile leggere questo libretto e scoprire che, quando si parla di monopoli, si deve abbandonare innanzitutto il pregiudizio diffusissimo per cui il monopolio nuoce al consumatore. Si deve piuttosto riconoscere che in realtà di monopoli ne esistono almeno due tipi. Il primo è quello costituito da società che si sono “fatte da sé”, che devono la propria posizione di monopolista esclusivamente alle proprie abilità nell’abbattere i costi e tradurre questo risparmio in un abbassamento dei prezzi. A queste società va riconosciuto un merito grandissimo, quello di aver saputo interpretare nel modo migliore i gusti dei consumatori. Infatti non si è mai data in natura una situazione in cui un monopolio reggesse con barriere all’entrata per potenziali concorrente se non nei casi in cui il monopolio apparteneva al secondo tipo prospettato: il monopolio legale. Questi ultimi sono effettivamente dei tipi di monopoli che, calati dall’alto in quanto garantiti da barriere statali, quasi mai soddisfano i bisogni dei consumatori.

Ma sui monopoli statali la scure della legislazione antitrust si abbatte molto più di rado che su quelli privati. Non bisogna d’altronde dimenticare che la legislazione antitrust in Europa, fino a poco fa, era fonte di introiti per i singoli Stati, mentre ora contribuisce ad arricchire l’apparato pubblico UE. E come fidarsi di burocrati che hanno la testa piena di teorie economiche neoclassiche? Ebbene sì, la principale pietra d’inciampo di tutto l’enorme apparato antitrust europeo (ma anche, in misura minore, di quello USA) sta nella teoria neoclassica, vale a dire in quell’insieme di bellissime curve di domanda e offerta, di costi e ricavi marginali e medi, di mille altre amenità di cui qualunque studente di economia, legge e scienze politiche oggi si riempie la bocca. La grave critica che la teoria neoclassica muove al monopolio è che, in questa situazione, il venditore perviene alla formazione di un prezzo monopolistico superiore a quello di equilibrio in regime di concorrenza, e vi dovrebbe pervenire restringendo l’offerta, ossia sottraendo al mercato e magari distruggendo una parte del bene che potrebbe offrire. Il grosso handicap di questa teoria è che presuppone che il prezzo di equilibrio in regime di concorrenza sia noto al monopolista nella situazione di monopolio in cui si trova. Ma come può, chi si trova in situazione di monopolio, conoscere il prezzo “di equilibrio” in concorrenza?

I prezzi reali, ammonisce Bruno Leoni, non si conoscono mai in anticipo, ma si determinano di volta in volta, in ogni situazione, con le compravendite relative. Ecco perché dobbiamo stare molto attenti a non voler vedere a tutti i costi un Robin Hood paladino dei consumatori nelle autorità antitrust.

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