RESPINTI, MARCO (CUR.) – Ronald W. Reagan

 13,00

Un americano alla Casa Bianca

Raccolta di saggi sul grande presidente americano

Edizioni: Rubbettino   Anno: 2005   pag. 156

COD: 018-514 Categoria:

Descrizione

Fu al contempo un uomo normale e un uomo eccezionale. Ronald W. Reagan (1911-2004) fu cioè un tipico americano. Presidente degli Stati Uniti d’America in uno dei momenti più critici della storia del Novecento – quegli anni Ottanta che segnarono sì l’inizio dello sgretolamento dell’impero sovietico, ma che anche ne fecero registrare i dolorosi e ancora numerosi colpi di coda -, fu prorpio Reagan che, avviando una politica estera audace e al contempo prudente, fondata sull’orgoglio di dirsi occidentali e su un avveduto calcolo delle forze in campo, innescò quel circolo virtuoso che finì per mettere in ginocchio Mosca. Ma Reagan è stato anche più di questo . è stato l’uomo-simbolo del conservatorismo statunitense capace di scendere in politica, di vincere e di rivincere forte sia dell’eredità di Barry M. Goldwater sia dell’appoggio di un grandioso movimento di opinione e di pensiero che egli non ha mai pensato di sfruttare, ma sempre di scoltare. così Reagan è stato il protagonista del più significativo taglio fiscale della storia occidentale, di un inizio di riforma del welfare efficace e intelligente, di un’idea nuova di nazione e di popolo che ancora convince e avvince.Governando per quasi un decennio, mentre in Gran Bretagna governava Margaret Thatcher e sul Soglio di Pietro sedeva Papa Giovanni Paolo II, Reagan, questo difensore dei valori della libertà e degli onori dell’Occidente, nonché del patrimonio spirituale cristiano del nostro mondo, ha aperto e segnato una strada che per la politica è comunque un passaggio obbligato e che per tutti è già storia.Paul Craig Roberts, Edwin J. Feulner, Robert A. Sirico, Patrick J. Buchanan, Dinesh d’Souza, Peggy Noonan e Margaret Thatcher ne rievocano la figura in questo volume – il primo in lingua italiana dopo la scomparsa di Reagan, il 5 giugno 2004 – che accoglie anche due tra i più significativi discorsi del presidente statunitense, oltre a un primo inquadramento storiico di Marco Respinti.

1 recensione per RESPINTI, MARCO (CUR.) – Ronald W. Reagan

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Guglielmo Piombini

    Dal 1980 al 1988 Ronald Reagan (1911-2004), forse il più grande presidente americano del XX secolo, ha spronato l’Occidente alla riscossa culturale, psicologica ed economica, e alla fine la sua azione politica si è rivelata decisiva per l’esito vittorioso della Guerra Fredda. In mancanza di una biografia in lingua italiana, questo volume edito da Rubbettino ci fornisce una prima introduzione alla sua figura storica. Nella prima parte Marco Respinti, curatore del libro, chiarisce la collocazione delle idee di Reagan all’interno del complesso panorama del conservatorismo statunitense. Muovendosi con precisione tra le sue innumerevoli sfumature ideologiche (Old Right, New Right, neoconservatorismo, paleoconservatorismo, libertarianism, paleolibertarianism, destra religiosa) Respinti, che di questo mondo è in Italia uno dei massimi conoscitori, individua le ragioni del successo politico di Reagan nell’essere stato capace di unire, per la prima volta dal dopoguerra, le diverse anime della Destra statunitense in un progetto “fusionista”.

    Particolare attenzione viene posta da Respinti al ruolo preparatorio giocato da Barry Goldwater, che venne sonoramente sconfitto dal democratico Lyndon Johnson nelle elezioni presidenziali del 1964 perché il suo programma radicalmente liberista e conservatore era troppo in anticipo sui tempi. Malgrado la sconfitta, l’influenza ideologica di Goldwater sui repubblicani si rivelò efficace nel lungo periodo, tanto da maturare due decenni dopo con la rivoluzione reaganiana: quella di un presidente che ha avuto il coraggio di definire l’Unione Sovietica “impero del male”, di operare il maggior taglio fiscale della storia nordamericana, di credere ancora nell’Occidente, di portare Dio dentro la Casa Bianca, di prendere carta e penna per scrivere un articolo contro l’aborto che ha fatto storia e di proporre un emendamento alla Costituzione federale a tutela del diritto alla vita.

    Questa eccezionale stagione del conservatorismo statunitense viene ripercorsa nella seconda parte del libro attraverso due discorsi memorabili di Reagan, che suggellano l’intero ciclo della sua esperienza politica: il primo, tenuto a Orlando (Florida) l’8 marzo del 1983, è quello in cui definì l’Unione Sovietica “impero del male”; il secondo venne tenuto il 19 novembre del 1990 a Fulton (Missouri) un anno dopo la caduta del Muro di Berlino, nello stesso luogo in cui nel 1946 Winston Churchill aveva pronunciato le storiche parole sulla Cortina di Ferro.

    Nella terza parte del libro sono raccolti alcuni articoli su Reagan scritti da diversi esponenti del conservatorismo americano: l’economista della supply-side Paul Craig Roberts, il presidente della Heritage Foundation Edwin Feulner, il presidente dell’Acton Institute Robert Sirico, l’opinionista e politico Patrick Buchanan, l’analista politico Dinesh D’Souza, l’ex assistente particolare di Regan Peggy Noonan.

    Alla fine emerge la figura di un presidente capace di comprendere che la superiorità economica e militare di una civiltà ha poco valore, se manca la fiducia e la convinzione di difenderla. “Ho sempre creduto – disse nel celebre primo discorso riportato – che la lotta attualmente in atto nel mondo non sarà mai decisa né dalle bombe né dai missili, né dagli eserciti né dalla potenza militare. La vera crisi che affrontiamo oggi è spirituale; alla radice, è una prova di volontà morale e di fede”. È questa la più importante lezione di Reagan agli occidentali di oggi, che si trovano ad affrontare nuove sfide non meno temibili.

    (Il Foglio, 17 giugno 2006)

    Recensione di Roberto Locatelli

    IL COW-BOY LIBERALE CHE CAMBIO’ IL MONDO

    Non è la prima volta che su questo settimanale si parla del grande Presidente americano Ronald W. Reagan, venne già citato in un mirabile articolo dell’On. Pagliarini del 23 maggio 2005 a proposito dell’errata politica economica che l’Italia adottò dagli anni Ottanta quando l’approccio iper-statalista bruciò la ricchezza prodotta nei decenni precedenti mortificando la virtuosa operosità privata, al contrario degli USA che con Reagan si risollevarono sotto l’aspetto economico e morale, facendo cosi’ la fortuna anche dei successivi inquilini della Casa Bianca, compreso il tanto celebrato presidente democratico Bill Clinton.

    In questo periodo in Italia si dibatte di politiche liberali, di interventi di liberalizzazione dei mercati per determinate categorie e professioni, in realtà si tratta di mere strumentalizzazioni e dannosi approcci che nulla hanno a che vedere con la cultura politico-economica liberale.

    Proprio in virtù di come il pensiero liberale e l’essenza stessa d’essere un politico liberale in Italia vengono storpiati, giunge in soccorso un bellissimo libro curato da Marco Respinti dal titolo “Ronald W.Reagan. Un americano alla Casa Bianca” edito dalla casa editrice Rubettino, che permette di restituire il giusto significato al termine “liberale” attraverso parole e fatti di questo grande politico americano.

    Reagan è ben lungi dall’essere ciò che i suoi detrattori americani, ma soprattutto europei, sostenevano, un rozzo e ignorante cow-boy già ex-attore hollywoodiano!

    Egli è stato l’America!Con la maiuscola, ne ha interpretato sino in fondo lo spirito più vero ed autentico, che non è quello guerrafondaio o inchiodato all’egoismo economico come i “progressisti” europei vogliono far credere, bensì quello incentrato sulla profonda fede religiosa, sulla felicità del fare, in una vita utile ed operosa per sé, la propria famiglia e i componenti la propria comunità, nell’incorreggibile sentimento di fiducia verso il futuro e nella risolutezza a portare avanti le proprie idee senza compromessi se si è nel giusto.

    Nel libro sono riportati due mirabili discorsi dell’ex-Presidente, il primo è quello svolto alla Convention annuale della National Association of Evangelicals, a Orlando, in Florida, l’8 marzo 1983, passato alla storia come il discorso “sull’impero del male”, con chiaro riferimento all’Urss. In questo discorso Reagan rimarca il concetto che la vera forza degli Usa è la libertà e che essa prospera laddove c’è la benedizione di Dio, prosegue criticando il laicismo moderno che col suo corollario di norme e regolamenti statali mirano a sostituire quei valori fondanti la società Usa che hanno le loro radici nella religione. A tal proposito, citando T.Jefferson dichiara che “di tutte le disposizioni e di tutti i costumi che portano alla prosperità politica, la religione e la moralità sono i sostegni indispensabili”. Si pone a difesa della famiglia, sostenendo che il diritto dei genitori e della famiglia hanno la precedenza su quelli dei burocrati e degl’ingegneri sociali di Washington, e che la libertà prospera quando la religione è viva, cioè quando il “Rule of Law” di cui Dio è il signore ha riconoscimento pubblico. La grande verità della quale è fedele sostenitore è che “nessun sistema di governo potrà perfezionare l’uomo”! Ecco la grande morale che divideva Usa e Urss, da un lato la fede in Dio e la fiducia nelle capacità “di fare” dell’uomo, dall’altra la fede nella lotta di classe e la fiducia in una società e in un tipo d’uomo elaborati a tavolino.

    Reagan ha sempre creduto che la lotta in atto nel mondo non sarebbe mai stata decisa da bombe o da missili, da eserciti o dalla forza militare, ma la sfida era spirituale, una prova di volontà morale e di fede. Il secondo discorso è stato quello svolto al Winston Churchill Memorial and Library del Westminster College di Fulton, nel Missouri, il 19 novembre 1990, esattamente un anno dopo la caduta del muro di Berlino. Fu un discorso commemorativo con riferimento a ciò che il 5 marzo 1946 al Westminister College disse l’allora primo ministro britannico Winston Churchill, passato alla storia come il discorso della “Cortina di ferro”.

    Reagan in quell’occasione esaltò la figura di Churchill, uomo tutto d’un pezzo che non scese a compromessi col nemico nazista, rimarcò l’importanza di esplorare le differenze che esistono fra le idee, ed affermò che “finchè i libri rimarranno aperti, le menti non potranno mai essere chiuse”. Riteneva che andasse sviluppato il senso dell’io, ma senza dimenticare che la vita è fatta sì di ciò che si prende, ma anche di ciò che si dà.

    Nel libro vi sono altri due brani molto belli, uno di Reagan sull’amica Thatcher, l’altro proprio della “lady di ferro” sull’amico “cowboy”. In entrambe si ripercorrono le situazioni di partenza economico-sociali dei loro Paesi al momento dell’insediamento, le difficoltà incontrate, i risultati ottenuti in politica interna e soprattutto in quella estera, con il comune fronte anti-sovietico.

    Reagan quando venne eletto si trovò a fronteggiare notevoli problemi, un costo del denaro elevatissimo, inflazione alle stelle, crescita economica indolente e continua domanda di protezionismo, tutto ciò aveva generato la sensazione che fosse la fine del sogno americano.

    Ma la malattia non era il capitalismo o il consumismo, era il pessimismo e lo statalismo dilagante, egli infatti restaurò il sogno americano fondato sull’ottimismo nel futuro, lo spirito d’intrapresa, lo sforzo dei singoli e la generosità personale.

    Operò per la libertà delle energie imprenditoriali, ridusse l’eccessivo carico legislativo, arrestò l’inflazione e riformò in maniera strutturale la tassazione, con ciò diffondendo a largo raggio la prosperità e riducendo la disoccupazione ai minimi termini.

    In politica estera fronteggiò energicamente l’avanzata sovietica, dapprima ristrutturando il settore militare, successivamente coinvolgendo nella battaglia contro l’Urss le democrazie dell’Europa occidentale colpite da coma profondo, infine con un paziente lavoro di diplomazia e pressione sull’Urss stessa.

    La riforma ed il rafforzamento delle forze armate rispondevano ad una precisa convinzione del Presidente, che fosse la forza e non la debolezza a produrre la pace.

    Reagan fu un leader vero, con una capacità di leadership formata da solidità delle convinzioni, fermezza nei momenti difficili (da ricordare il braccio di ferro con i controllori di volo…altro che la perenne crisi Alitalia!) e capacità d’infondere ottimismo e fiducia.

    Senza dimenticare altre qualità quali, il coraggio ed il fatto di essere un uomo del popolo, parafrasando il grande giornalista inglese Walter Bagehot: “il vero statista è un uomo di opinioni comuni e di non comuni abilità”. Egli lo era.

    Reagan disse “Sveglia, è mattino in America”, e “Lavoro e sviluppo invece di tasse e di spese pubbliche”, e ce la fece, ridusse le aliquote fiscali dal 70 al 28%, rinfrancò lo spirito nazionale, ricostruì le forze armate e vinse la guerra Fredda senza sparare un colpo né spargere una goccia di sangue! Reagan verso l’Urss portò avanti una politica decisa, che spallata dopo spallata fece crollare il regime sovietico, lo affrontò sotto l’aspetto morale, economico e militare, fiducioso nella fede in Dio, nel capitalismo e nella difesa del mondo libero; per Reagan il comunismo non era solo malvagità, ma soprattutto incompetenza, infatti pianificando tutto dal centro si affossavano le capacità individuali. Bastino queste parole “nessuna arma in qualsiasi arsenale del pianeta ha la stessa forza della volontà e del coraggio morale degli uomini e delle donne di un Paese libero”.

    Valgano per tutti le parole di Ilya Zaslavsky, membro del Congresso sovietico del popolo, il quale disse che il vero creatore della perestroika e della glasnost non era stato Gorbacev ma Reagan.

    Gorbacev non capì ciò che Reagan invece aveva da tempo capito, che i difetti del sistema comunista ne erano le sue parti integranti e, se si eliminavano, si distruggeva il sistema stesso.

    Reagan come Churchill, fece vincere al mondo occidentale la battaglia contro il sistema sovietico, ma col merito di farlo senza colpo ferire. Per capire ancora di più chi fu questo Presidente cowboy, ecco cosa rispose a Peggy Noonan alla domanda su quale fosse stato il significato della sua presidenza: “avere esteso i confini della libertà in un mondo più in pace con sé stesso”.

    E giocando con le frasi basate sul “se”, la stessa Noonan si immaginò questa scena, d’entrare nell’Ufficio Ovale per dire a Reagan che questo è un momento straordinario. Lui l’avrebbe guardata, avrebbe sorriso, sarebbe rimasto assorto a pensare qualche secondo e avrebbe detto “E’ sempre un momento straordinario!” Poi sarebbe tornato a lavorare.

    Nel capitolo intitolato “L’alba di un nuovo giorno” scritto da E.J.Feulner jr., si legge questa significativa frase, “una parte che compete a un presidente è quello di contribuire a formare gli atteggiamenti di una nazione”, ciò premesso negli anni Ottanta mentre gli Usa avevano Reagan, qui in Italia avevamo Craxi-Andreotti-Forlani, senza dimenticare i vari Occhetto, D’Alema, Amato, Napolitano, Martelli, etc., e da ciò si capisce bene il perché della fine che abbiamo e stiamo tuttora facendo.

    Ora da noi si dicono tutti liberali, ma di frasi e di atti alla Reagan non se ne sentono e non se ne vedono, perché una cosa è essere uomini e fare politica, un’altra è fare politica per dare un senso a sé stessi come uomini.

    (Tratto da Il Federalismo del 28/08/06)

Aggiungi una recensione