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BELLOC, HILAIRE – Lo Stato Servile

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Le basi della teoria distributivista proposta dal cattolico inglese Belloc, alla quale aderirà anche l’amico Chesterton

Edizioni: Liberilibri   Anno: 2012   pag. 129

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COD: 018-188 Categoria:

Descrizione

«Definiamo Stato servile l’ordinamento di una società nella quale il numero di famiglie e di individui costretti dalla legge a lavorare a beneficio di altre famiglie e altri individui è tanto grande da far sì che questo lavoro si imprima sull’intera comunità come un marchio.»

Con queste inquietanti e lapidarie parole, Belloc scolpisce i connotati identificativi delle società evolute del nostro secolo. Capitalismo da un lato e socialismo dall’altro, a dispetto dei loro proclami inneggianti alle libertà, hanno assoggettato la massa degli individui a una nuova schiavitù. E se questi due modelli, per il resto antitetici, hanno un elemento che li fa simili, esso è l’esproprio della libertà del cittadino che entrambi ugualmente operano: il primo indennizzandone il prezzo con i lauti consumi che è in grado di assicurare; il secondo con la sussistenza e la previdenza garantite. Nella sua appassionata ma lucidissima analisi, il grande pensatore cattolico preconizza un diverso possibile assetto dell’economia, più attento alla dignità umana e poggiante su irrinunciabili fondamenti etici.

1 recensione per BELLOC, HILAIRE – Lo Stato Servile

  1. Guglielmo Piombini

    src=http://www.liberilibri.it/admin/files/risorse/opere_img_m/opere_img117.png

    Recensione di Andrea Cacciuttolo

    "Definiamo Stato servile l'ordinamento di una società nella quale il numero di famiglie e di individui costretti dalla legge a lavorare a beneficio di altre famiglie e altri individui è tanto grande da far sì che questo lavoro si imprima sull'intera comunità come un marchio."

    Con queste inquietanti e lapidarie parole, Belloc scolpisce i connotati identificativi della società evolute del nostro secolo. Capitalismo da un lato e socialismo dall'altro, a dispetto dei loro programmi inneggianti alle libertà, hanno assoggettato la massa degli individui a una nuova schiavitù. E se questi due modelli, per il resto antitetici, hanno un elemento che li fa simili, esso è l'esproprio della libertà del cittadino che entrambi ugualmente operano: il primo indennizzandone il prezzo con i lauti consumi che è in grado di assicurare; il secondo con la sussistenza e la previdenza garantite. Nella sua appassionata ma lucidissima analisi, il grande pensatore cattolico preconizza un diverso possibile assetto dell'economia, più attento alla dignità umana e poggiante su irrinunciabili fondamenti etici.

     

    Recensione di Carlo Zucchi

    Hilaire Belloc, nato in Francia da padre francese e da madre inglese, divenne cittadino britannico nel 1902, dopo aver compiuto i suoi studi in Inghilterra. Cattolico e libertario, nonchè strenuo difensore delle libertà fondamentali del cittadino contro ogni forma di dispotismo politico ed economico, Belloc era fortemente convinto che libertà e proprietà costituissero un binomio inscindibile. Avversario di ogni forma di socialismo, Belloc fu ugualmente critico nei confronti del capitalismo, nel quale vedeva un sistema che, a causa degli assetti organizzativi sempre più improntati verso unità di grandi dimensioni (questo libro è datato 1913), rendeva sempre più difficile una larga diffusione della proprietà presso gli strati meno ricchi della popolazione.

    In comune con certi settori della destra americana a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, Belloc non vedeva il capitalismo come un sistema capace di diffondere la proprietà, a causa della forma peculiare che il sistema industriale aveva preso in quel periodo. Il sistema della grande impresa meccanica favoriva le grandi dimensioni a discapito della piccola proprietà che, pur continuando a ritagliarsi un ruolo non trascurabile, non poteva usufruire di quelle economie di scala che consentivano di produrre grandi quantitativi di merci a costi via via decrescenti. Tale sistema ha continuato a prosperare per tutto il Novecento, se si pensa che alla fine del XX secolo l’1% più ricco della popolazione controlla il 37% della ricchezza, il 9% un po’ meno ricco ne controlla il 31%, mentre il 90 più povero si divide il restante 32% di ricchezza nazionale. Conseguenza di questo stato di cose è uno “scivolare” con dolcezza, e storditi da sempre più abbondanti beni di consumo, verso quello Stato servile preconizzato da Belloc:
    “Definiamo Stato servile l’ordinamento della società nella quale il numero di famiglie e di individui costretti dalla legge a lavorare per il beneficio di altre famiglie e altri individui è tanto grande da far sì che questo lavoro si imprima sull’intera comunità come un marchio”.

    Il richiamo alla libertà di lavorare per sé e per la propria famiglia senza “essere costretti dalla legge a lavorare a beneficio di altre famiglie e altri individui” trova ancoraggio nell’ispirazione cattolica di Hilaire Belloc. Come rileva Robert Nisbet, Belloc non dice tutto ciò nonostante sia cattolico, ma in quanto cattolico. E non è casuale che anche altri autori cattolico-liberali come Manzoni, Rosmini, Tocqueville, Maritain e Sturzo si siano schierati su medesime posizioni. Pur minoritario di fronte al filone cattolico legittimista, gli esponenti cattolico-liberali rimasero sempre fedeli, nonostante ciò abbia procurato loro non poche sofferenze, alla convinzione che le radici dello spirito liberale siano da rinvenire nel cristianesimo. Proprio nella concezione cristiana della dignità e libertà della persona fatta a immagine e somiglianza di Dio possiamo riscontrare le origini dello spirito liberale. Come scrisse Barrington Moore: “Il fatto che questi sforzi – di difendere in modo incruento e legittimo la sfera di libertà della persona dal potere – abbiano avuto inizio 25 secoli fa, e che ricorrano in circostanze storiche estremamente diverse, indica che la teoria e la prassi liberali rispondono a una necessità del tutto indipendente dal capitalismo e dall’industrialismo”.

    Secondo Belloc, la diffusione della proprietà dei mezzi di produzione non è indispensabile soltanto per aumentare il benessere, ma per proteggere, aumentare ed elevare la libertà personale, il diritto di non essere servi. Come scrive Marco Vitale nell’introduzione: “Lo Stato servile può esistere anche in presenza di un elevato e diffuso livello di consumi, anzi, nella nostra epoca, ha assunto proprio questa forma. E quindi la diffusione della proprietà dei mezzi di produzione è non solo libertà di avere, ma anche libertà di essere, libertà di fare. È questa forte, intensa ed appassionata concezione della dignità e della libertà della persona, e – in funzione di questa – della libertà di avere e di fare, che anima tutto il saggio di Belloc, a fare di questo scritto del veemente ed ortodosso cattolico un vero classico del pensiero liberale. E che dona allo scritto tanto del suo fascino e della sua attualità”.

     

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