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BRUNO LEONI – La Libertà e la legge

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Nel suo capolavoro Leoni critica la legislazione a favore della produzione giurisprudenziale del diritto

Edizioni: Liberilibri   Anno: 1995   pag. 220

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COD: 018-67 Categoria:

Descrizione

Bruno Leoni è stato, dal dopoguerra fino alla sua tragica morte nel 1967, lo studioso italiano di scienze sociali più conosciuto all’estero, ma nel nostro paese è rimasto isolato perché il suo liberalismo radicale era del tutto estraneo alla cultura prevalente. Proprio la vicenda del suo capolavoro, La libertà e la legge, testimonia l’eclisse del pensiero liberale italiano in quegli anni. Il libro venne stampato nel 1961 negli Stati Uniti con il titolo di Freedom and the Law, e poi ristampato nel 1972. Leoni neanche si preoccupò di predisporre una traduzione in lingua italiana, tanto le sue tesi gli parevano lontane da quelle che circolavano nel dibattito italiano. L’edizione italiana del libro è uscita solo nel 1994, e da allora si è avuta una grande riscoperta del suo pensiero, con la fioritura di numerose pubblicazioni, iniziative, convegni.

Bruno Leoni (1913-1967)

Allievo di Gioele Solari all’Università di Torino, insegnò Filosofia del diritto e Dottrina dello Stato all’Università di Pavia. Qui fondò e diresse la rivista «Il Politico». Fu presidente della Mont Pèlerin Society, il club fondato da Friederich von Hayek per riunire studiosi di ispirazione liberale di diversi paesi.
A lungo dimenticato in Italia, all’estero Leoni è stato un punto di riferimento costante per gli autori impegnati nella costruzione del paradigma dell’analisi economica del diritto.
Nel 1995, è stata Liberilibri a tradurre in italiano il capolavoro di Bruno Leoni: La libertà e la legge. Presso i nostri tipi, è inoltre disponibile l’antologia Il diritto come pretesa (2004).

1 recensione per BRUNO LEONI – La Libertà e la legge

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Carlo Zucchi

    Possiamo etichettarlo come libro della vergogna! Non certo per il contenuto, di livello eccelso, e neppure per l’autore, il cui prestigio lo portò a diventare presidente, per alcuni anni, della Mont Pèlerin Society, la più prestigiosa associazione liberale del mondo fondata nel 1947 da Friedrich Von Hayek. La vergogna è che solo nel 1995, nel più totale silenzio del panorama editoriale e intellettuale, la sua opera più significativa, Freedom and the Law, del 1961, sia stata tradotta e pubblicata da un piccolo, ma quantomai intraprendente e coraggioso editore quale è Liberilibri.

    Proprio a causa del panorama intellettuale italiano del Novecento, del tutto avverso a qualsiasi forma di liberalismo coerente, Leoni, liberale “Austriaco” e allievo di Gioele Solari all’Università di Torino, per ricevere le soddisfazioni che gli spettavano dovette recarsi in un ambiente più aperto alla cultura liberale quale quello statunitense, salvo trovare la morte proprio in Italia nel 1967.

    Fiero assertore dell’incompatibilità tra libertà individuale e ordinamenti contemporanei imperniati sulla legislazione, e con essa identificati, Leoni è stato un autore che, nella sua attività di giurista, trasse parecchie indicazioni dalle discipline economiche, confermandosi intellettuale poliedrico e multidisciplinare, come si conviene a un buon scienziato sociale.

    Conseguenza di questa sua poliedricità fu l’accostamento compiuto tra la legislazione e la pianificazione. Secondo Leoni, la pianificazione sta alla legislazione come il libero mercato sta al diritto naturale, dove per diritto naturale egli intende quell’ordinamento giuridico – una volta rappresentato dalla Common Law (diritto delle corti) erede del diritto giurisprudenziale romano – di norme coerenti con un unico principio (il diritto di proprietà).

    Diritto naturale in cui il le norme venivano fissate dai giudici (ai tempi di Roma, dai giureconsulti) durante le risoluzioni delle controversie, ma non in modo arbitrario come accade con i legislatori odierni, bensì attraverso un “processo di scoperta” (qui si vede l’influenza della Scuola Austriaca!) atto a “creare” norme che allo stesso tempo fossero utili a dirimere le controversie e coerenti con l’ordinamento vigente; come dire, che non “stonassero” nell’orchestra che era l’ordinamento giuridico.

    La codificazione legislativa contemporanea, invece, viene vista come punto terminale di un processo in cui è sempre l’autorità di maggioranze dispotiche ad imporsi, finendo per risolversi in un congegno liberticida. E la democrazia rappresentativa, invece che mitigare tutto questo, secondo Leoni ne costituisce la causa, in virtù del fatto che, in nome della sovranità popolare, qualsiasi oligarchia contingente di “legislatori” può a suo arbitrio rendere nulli negozi giuridici liberamente sottoscritti tra adulti sani di mente e consenzienti.

    Altro aspetto importante toccato da Leoni è quello relativo alla “certezza del diritto”. Se la vulgata corrente per “certezza” intende chiarezza nel contenuto e nell’esecuzione delle norme, Leoni va oltre sostenendo che non può esservi certezza del diritto quando da un giorno all’altro il demiurgo politico di turno può cambiare norme e regolamenti secondo il proprio capriccio. In queste condizioni, fare progetti a lungo termine diviene del tutto impossibile e i sistemi economici finiscono per diventare più instabili e le persone meno previdenti.

    La libertà e la legge ci mostra come anche la distinzione tra liberalismo etico-politico e liberalismo economico sia inconsistente. Distinzione quantomai in voga nel dopoguerra, specie pensando al carteggio tra Einaudi e Croce, dove quest’ultimo sosteneva appunto che spazi di liberalismo sono possibili persino in una società comunista, senza sapere, forse, che chi controlla tutti i mezzi controlla anche tutti i fini.

    Ma, come dice Raimondo Cubeddu nell’introduzione: “istituzioni quali il diritto, il mercato, i prezzi, il linguaggio, l’etica e forse anche lo Stato tanto caro a Croce non sono tanto l’esito di un progetto deliberato, bensì il risultato non intenzionale di azioni umane che, nel loro tendere al conseguimento di fini soggettivi, si incontrano (e si scontrano) con altre azioni umane dotate delle medesime caratteristiche, dando vita a situazioni nuove ed impreviste che finiscono per configurarsi come punti di riferimento per quanti si propongono il conseguimento di finalità analoghe. Se Croce avesse letto Leoni, forse non avrebbe contribuito ad affossare ancor di più quel poco di liberalismo presente nella tradizione italiana.

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    Documento allegato Indice

    La libertà individuale può essere compatibile con gli ordinamenti contemporanei incentrati sulla legislazione e quasi completamente identificati con essa?

    Se linguaggio, moda, mercato, arti, scienze sono il prodotto della convergenza di azioni spontanee individuali, non dovrebbe anche il diritto, allo stesso modo, prodursi da una simile spontanea convergenza?

    E ancora: la codificazione legislativa, come punto terminale di un processo in cui è sempre l’autorità di maggioranze dispotiche a imporsi, non finisce per risolversi in un congegno liberticida? E non è forse una sofisticata impostura la “democrazia rappresentativa”? Può dirsi società di uomini liberi quella in cui una qualsiasi oligarchia contingente di “legislatori” può a suo arbitrio render nulli negozi giuridici liberamente sottoscritti fra adulti sani di mente e consenzienti?

    Questi e altri “empi” interrogativi poneva nel 1961 Freedom and the Law, opera magistrale di Leoni, che tanta influenza eserciterà sulla scienza politica. Leoni, preconizzando il delirio demiurgico e la metastasi normativa che avrebbero devastato gli ordinamenti contemporanei, tratteggia una teoria generale del diritto che scongiuri i rischi a cui un potere legislativo privo di limiti espone la libertà individuale.

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