Sold Out!

BUCHANAN, JAMES – I Limiti Della Liberta’

 20,00

Tra anarchia e leviatano

La teoria del contrattualismo costituzionale

Edizioni: Rusconi   Anno: 1998   pag. 341

Esaurito

COD: 018-127 Categoria:

Descrizione

L’autore parte da una posizione di “individualismo democratico” per cui “ogni uomo conta per uno” – anche se si riconosce che le persone non sono uguali e non possono essere rese artificialmente tali – e le scelte sono giudicate buone “nella misura in cui consentono agli individui di realizzare quel che vogliono con l’unico limite dell’accordo reciproco”.

1 recensione per BUCHANAN, JAMES – I Limiti Della Liberta’

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Carlo Zucchi

    Il padre della teoria delle Public Choices cerca di elaborare, in questo scritto del 1975, un compromesso tra individualismo metodologico e regola democratica per la quale “ogni uomo conta per uno”. Buchanan individua nel “contrattualismo costituzionale” il metodo per instaurare un equilibrio politico fondato sulla reciproca limitazione dei diritti individuali, stabilita per mezzo di regole e istituzioni scelte su base consensuale. La proposta di Buchanan si articola in una “ridefinizione consensuale dei diritti e delle rivendicazioni individuali” che ponga limiti ad assolutismo statale, rendita burocratico-politica, espansione della spesa pubblica e corrispettiva crescita del prelievo fiscale.

    Il sotto titolo “Tra Anarchia e Leviatano” esprime appunto il tentativo di compromesso tra liberalismo e democrazia tentato da Buchanan, anticipando un discorso che, in seguito alla caduta del Muro di Berlino, diventerà sempre più d’attualità. Fra i problemi che Buchanan affronta, troviamo quello della formazione delle regole in una società di grandi dimensioni, nella quale l’unanimità di consensi, anche attorno alle norme fondamentali, si fa più difficile. Temi quale la modalità di interazione tra persone all’interno di una società complessa vengono affrontati fissando l’attenzione sugli aspetti contrattuali e le loro violazioni, e sulla definizione dei diritti di proprietà. In un epoca in cui la legislazione di natura politica (sia parlamentare che governativa) più si estende e meno viene rispettata, ecco che Buchanan, e con lui un po’ tutta la letteratura liberale, riscopre l’importanza sia del contratto nei rapporti individuali, che delle procedure miranti ad accertare un consenso reale da parte dei “governati”, e sulla base di esso implementare le regole generali di condotta.

    Altri aspetti importanti, quali i fallimenti del mercato e il problema del free-rider, vengono affrontati da Buchanan, come pure gli aspetti relativi alla formazione della legge e ai suoi mutamenti. La legge, intesa come sistema giuridico, viene considerata come un capitale pubblico da cui possono trarre beneficio tutti i “governati”. Buchanan, inoltre, non trascura di operare la distinzione tra legge formale e informale, ossia tra la legge propriamente detta, la cui formazione è frutto di norme procedurali stabilite, e la legge c.d. non scritta, i cui fondamenti risiedono nell’etica di una comunità. In tema di legge, naturalmente, non possono mancare considerazione relative alla sfera del potere coercitivo che il governo esercita per far sì che la legge venga applicata. Ed è a questo punto che vengono affrontate le questioni relative alla punizione dei trasgressori e ai costi che ciò comporta, sia in termini pecuniari, che in termini sociali e di consenso. Di conseguenza, la scelta non può che ricadere su un sistema di norme generali e di pubblicità della pena.

    Oltre agli aspetti più prettamente democratici, Buchanan affronta gli aspetti più marcatamente liberali, come quello relativo alla minaccia del Leviatano statale nei confronti dei diritti individuali dei cittadini. Vengono trattati gli aspetti relativi al voto di maggioranza in rapporto al vincolo costi-benefici. In particolare, si mette in evidenza come i limiti procedurali posti all’azione delle maggioranze via via uscite dalle urne elettorali si siano spesso rivelati inefficaci. Buchanan propone che i benefici arrecati da provvedimenti relativi a beni pubblici siano misurati in termini economici, più che politici, tenendo conto, oltre delle esigenze della maggioranza, anche di quelle di minoranze eventualmente insoddisfatte. Inoltre, Buchanan non manca di soffermarsi sulle rendite di carattere burocratico, in particolare su quelle rendite e su quei redditi derivanti da posizioni di potere all’interno della burocrazia statale, autentica piaga delle democrazie moderne, specie in seguito all’esplosione di programmi di Welfare.

    Un insieme di argomenti, come abbiamo visto, in cui la teoria dei beni pubblici, sapientemente riformulata in chiave “liberale classica”, diviene la base per la teoria della legge e del diritto, così da poter avvicinarsi a quell’ideale di “anarchia regolata” in cui possano esistere “rapporti liberi tra uomini liberi”.

Aggiungi una recensione