CIDAS (CUR.) – L’Insopportabile Peso Dello Stato

 12,91

– Atti del Convegno di Torino

Atti del convegno Cidas di Torino del 19-20 novembre 1999. Tra gli autori: Bassani, Laurent, Lottieri, Piombini, Ricossa, Salin.

Edizioni: Leonardo Facco Editore   Anno: 2000   pag. 244

COD: 018-16 Categoria:

Descrizione

I volumi collettanei, le raccolte di saggi di diversi autori, gli atti di un convegno sono visti dai lettori con cordiale diffidenza. Il perché è presto detto: anzitutto si sono fatte, negli anni, molte centinaia di convegni inutili, e stampati altrettanti libri pretestuosi. Poi si presume che, in occasioni simili, difficilmente un autore-relatore possa dare il meglio di sé.

Questo volume del CIDAS su L’insostenibile peso dello Stato, che riproduce gli interventi dell’ultimo meeting organizzato dai liberali torinesi del Centro Italiano Documentazione Azione Studi, è però una piacevole eccezione. Numerosi, infatti, sono gli spunti per riflettere e pensare che sono disseminati nel poderoso volume edito dalla Leonardo Facco Editore.

A cominciare dalla bella testimonianza di Sergio Ricossa (“Al di là del liberismo”), che del libro e di chi l’ha scritto è un po’ il manifesto. Ricossa rilancia con fierezza il valore di un “anticomunismo viscerale” che non scivoli però né in un conservatorismo a senso unico, né in un blando liberalismo di stampo einaudiano. L’economista torinese è da qualche tempo diventato il primus-inter-pares dei “pazzi libertari, fieri della propria follia”. Che consiste in nient’altro se non in questo: “Noi non siamo al governo e mai ci saremo. Siamo contro il potere politico, ogni potere politico. Non abbiamo un governo-ombra, non abbiamo un programma di governo alternativo. Noi abbaiamo contro ogni governo”. Tanto una pazzia, insomma, non è: potrà sembrarlo, semmai, agli “onorati servitori dello Stato” che vivono per tassare, vietare, regolamentare.

Sono molti i contributi internazionali interessanti e di rilievo. Fra cui quello di Pascal Salin, economista francese, editorialista de Le Figaro e autore di un recente volume in cui compie una straordinaria reinterpretazione – in chiave libertaria e rothbardiana – della teoria liberale (Libéralisme). “Dobbiamo sapere e proclamare”, annuncia Salin, “che lo Stato è nostro nemico, non dobbiamo esitare a ripetere senza sosta che lo Stato non è un buon produttore di regole e che esso è solamente, secondo Bastiat, questa grande finzione per la quale ciascuno cerca di vivere alle spese degli altri”.

Il volume, insomma, è tutto un inno alle libertà dell’individuo e contro l’invadenza oppressiva dello Stato. Perché solo l’Uomo, solo il singolo, pensa, solo il singolo agisce. “E solo lui è responsabile, perché le responsabilità sono di rigore individuali”, puntualizza Alain Laurent, filosofo francese di orientamento “randiano”, seguace cioè di Ayn Rand, romanziera e pensatrice di origine russa (al secolo Alyssia Resenbaum) che in molte opere ha cantato le virtù dell’egoismo ed è stata a lungo baluardo del laissez faire in un’America sinistreggiante.

Questa raccolta di interventi su L’insopportabile peso dello Stato si propone allora come un efficace breviario del pensiero libertario, non senza qualche contributo che un poco stona e puzza di velleità compromissorie. Ma poco male: i libertari sono abituati al confronto. Ed allo scontro, s’intende: come Guglielmo Piombini, che da politologo ultra-liberista non ha paura di mettere sotto accusa il rapporto di connivenza fra Grande impresa e Potere, andando a ripescare addirittura certi “socialisti liberisti” dimenticati di primo Novecento, che pure sapevano sognare e ragionare.

O anche come Carlo Lottieri, cui non manca la lucidità per evidenziare la “storicità” dello Stato. Non è affatto vero, insomma, che esso sia come il sole, che invariabilmente sorge e tramonta. Semmai è un incidente di percorso della modernità, un’istituzione sorta al termine dell’età medievale (per iniziativa di sovrani ambiziosi e teorici compiacenti: da Bodin a Hobbes), un sentiero buio – comunque – da cui si può uscire e da cui la globalizzazione dei mercati contemporanei sta già segnando, in qualche modo, il declino.

Tuttavia, non si deve intendere il libertarismo come una dottrina politica che pensa solo a distruggere i falsi dogmi dei nostri tempi. Certo, lo fa. Ma ha anche una “pars costruens” robusta ed affascinante. Che ha visto una parziale realizzazione storica in quella “Repubblica dei diritti naturali”, la vecchia America dei Founding Fathers, cui Luigi Marco Bassani dedica un saggio molto bello e approfondito, “Sovranità e giusnaturalismo: come si esce dalle rivoluzioni”. L’alternativa viene descritta in modo chiaro: da un lato vi è la via americana (pace, prosperità e libertà), mentre dall’altra vi è quella lunga teoria di conflitti, miserie e schiavitù che accompagnano il giacobinismo. Si tratta di un’opposizione di tutti dovremmo essere a conoscenza, specialmente in un Paese come il nostro, che di una rivoluzione senza violenza e senza nuovi “eroi” ha tanto bisogno. Magari la farà.

1 recensione per CIDAS (CUR.) – L’Insopportabile Peso Dello Stato

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Alberto Mingardi:

    I volumi collettanei, le raccolte di saggi di diversi autori, gli atti di un convegno sono visti dai lettori con cordiale diffidenza. Il perché è presto detto: anzitutto si sono fatte, negli anni, molte centinaia di convegni inutili, e stampati altrettanti libri pretestuosi. Poi si presume che, in occasioni simili, difficilmente un autore-relatore possa dare il meglio di sé.

    Questo volume del CIDAS su L’insostenibile peso dello Stato, che riproduce gli interventi dell’ultimo meeting organizzato dai liberali torinesi del Centro Italiano Documentazione Azione Studi, è però una piacevole eccezione. Numerosi, infatti, sono gli spunti per riflettere e pensare che sono disseminati nel poderoso volume edito dalla Leonardo Facco Editore.

    A cominciare dalla bella testimonianza di Sergio Ricossa (“Al di là del liberismo”), che del libro e di chi l’ha scritto è un po’ il manifesto. Ricossa rilancia con fierezza il valore di un “anticomunismo viscerale” che non scivoli però né in un conservatorismo a senso unico, né in un blando liberalismo di stampo einaudiano. L’economista torinese è da qualche tempo diventato il primus-inter-pares dei “pazzi libertari, fieri della propria follia”. Che consiste in nient’altro se non in questo: “Noi non siamo al governo e mai ci saremo. Siamo contro il potere politico, ogni potere politico. Non abbiamo un governo-ombra, non abbiamo un programma di governo alternativo. Noi abbaiamo contro ogni governo”. Tanto una pazzia, insomma, non è: potrà sembrarlo, semmai, agli “onorati servitori dello Stato” che vivono per tassare, vietare, regolamentare.

    Sono molti i contributi internazionali interessanti e di rilievo. Fra cui quello di Pascal Salin, economista francese, editorialista de Le Figaro e autore di un recente volume in cui compie una straordinaria reinterpretazione – in chiave libertaria e rothbardiana – della teoria liberale (Libéralisme). “Dobbiamo sapere e proclamare”, annuncia Salin, “che lo Stato è nostro nemico, non dobbiamo esitare a ripetere senza sosta che lo Stato non è un buon produttore di regole e che esso è solamente, secondo Bastiat, questa grande finzione per la quale ciascuno cerca di vivere alle spese degli altri”.

    Il volume, insomma, è tutto un inno alle libertà dell’individuo e contro l’invadenza oppressiva dello Stato. Perché solo l’Uomo, solo il singolo, pensa, solo il singolo agisce. “E solo lui è responsabile, perché le responsabilità sono di rigore individuali”, puntualizza Alain Laurent, filosofo francese di orientamento “randiano”, seguace cioè di Ayn Rand, romanziera e pensatrice di origine russa (al secolo Alyssia Resenbaum) che in molte opere ha cantato le virtù dell’egoismo ed è stata a lungo baluardo del laissez faire in un’America sinistreggiante.

    Questa raccolta di interventi su L’insopportabile peso dello Stato si propone allora come un efficace breviario del pensiero libertario, non senza qualche contributo che un poco stona e puzza di velleità compromissorie. Ma poco male: i libertari sono abituati al confronto. Ed allo scontro, s’intende: come Guglielmo Piombini, che da politologo ultra-liberista non ha paura di mettere sotto accusa il rapporto di connivenza fra Grande impresa e Potere, andando a ripescare addirittura certi “socialisti liberisti” dimenticati di primo Novecento, che pure sapevano sognare e ragionare.

    O anche come Carlo Lottieri, cui non manca la lucidità per evidenziare la “storicità” dello Stato. Non è affatto vero, insomma, che esso sia come il sole, che invariabilmente sorge e tramonta. Semmai è un incidente di percorso della modernità, un’istituzione sorta al termine dell’età medievale (per iniziativa di sovrani ambiziosi e teorici compiacenti: da Bodin a Hobbes), un sentiero buio – comunque – da cui si può uscire e da cui la globalizzazione dei mercati contemporanei sta già segnando, in qualche modo, il declino.

    Tuttavia, non si deve intendere il libertarismo come una dottrina politica che pensa solo a distruggere i falsi dogmi dei nostri tempi. Certo, lo fa. Ma ha anche una “pars costruens” robusta ed affascinante. Che ha visto una parziale realizzazione storica in quella “Repubblica dei diritti naturali”, la vecchia America dei Founding Fathers, cui Luigi Marco Bassani dedica un saggio molto bello e approfondito, “Sovranità e giusnaturalismo: come si esce dalle rivoluzioni”. L’alternativa viene descritta in modo chiaro: da un lato vi è la via americana (pace, prosperità e libertà), mentre dall’altra vi è quella lunga teoria di conflitti, miserie e schiavitù che accompagnano il giacobinismo. Si tratta di un’opposizione di tutti dovremmo essere a conoscenza, specialmente in un Paese come il nostro, che di una rivoluzione senza violenza e senza nuovi “eroi” ha tanto bisogno. Magari la farà.

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