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FERGUSON, NIALL – Il Grande Declino

 17,00

Come crollano le istituzioni e muoiono le economie

Mondadori – 2013, Pagine 133

Il grande storico inglese spiega che l’espansione dello statalismo è la causa del declino dell’Occidente

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COD: 018-1314 Categoria:

Descrizione

Il declino dell’Occidente sembra ormai per molti un “dato di fatto”, tanto evidente quanto ineluttabile; in realtà, nessuno ha ancora spiegato in modo convincente perché quei paesi che hanno raggiunto un altissimo grado di sviluppo civile, economico, politico e culturale si stiano avvitando in una spirale recessiva, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti: rallentamento della crescita, deficit di bilancio, invecchiamento della popolazione, comportamenti antisociali.

Ma che cos’è che non va nella civiltà occidentale? Ciò che non va, sostiene Niall Ferguson, sono proprio quelli che una volta erano i quattro pilastri delle società dell’Europa occidentale e dell’America del Nord – il governo rappresentativo, il libero mercato, il governo della legge e la società civile – e che a partire dal XVI secolo sono stati il vero volano dell’espansione e dell’egemonia mondiale dell’Occidente, intaccati oggi da meccanismi degenerativi che li stanno sgretolando.

Le nostre democrazie hanno rotto il patto fra le generazioni, scaricando il peso maggiore della crisi su figli e nipoti. I nostri mercati sono regolati da norme sempre più complesse che complicano inutilmente la situazione invece di semplificarla. Dal governo della legge siamo passati, per eccesso di burocrazia, al “governo dei legulei”. E la società civile, un tempo vivacissima grazie alla libera iniziativa dei cittadini, è degenerata in società incivile, in cui ognuno pensa che i problemi degli altri non lo riguardino e aspetta pigramente l’aiuto dello Stato.

 

Recensione di Oscar Giannino

 

Il titolo italiano è fuorviante: non è un libro sulla crisi finanziaria mondiale. Il titolo originale è The Great Degeneration, e il cuore del libro è il capitolo III, in cui Ferguson illustra la degenerazione dei sistemi di common law, corrosi ormai da quelli “francesizzanti” di diritto codificato. La legge dello Stato invece di quella che deriva dalla Tradizione delle Comunità. Ferguson trae ispirazione degli economisti istituzionalisti, come Douglass North ed Hernando de Soto ( se non avete letto il suo Il mistero del capitale, fatelo a riprova che le previsioni di lungo periodo sono ardue: all’epoca, nel 2001, diceva che il mercato aveva successo solo nell’Occidente)). E’ di grande interesse per il lettore italiano la parte centrale, sull’insostenibilità del debito pubblico rispetto alle entrate sul Pil di molti Paesi Ocse, chiosata con la scena de Il buono il brutto e il cattivo in cui Eastwood dice a Wallach: “il mondo si divide in due, chi ha la pistola e chi scava”. Nel mondo attuale col suo enorme debito pubblico l’Italia scava la sua fossa, mentre la pistola ce l’hanno altri. Ed è utilissimo che Ferguson ricordi a tutti che la prima definizione di “debito intergenerazionale” ci venga da Edmund Burke. Esaltanti le pagine contro il monopolio pubblico dell’istruzione, un vero freno all’innovazione e alla crescita. La conclusione del libro – sul ritorno allo “stato stazionario” di Paesi prima in crescita, per le precise ragioni descritte da Adam Smith nel libro primo cp.8 della sua Ricchezza delle Nazioni: e cioè quando le loro “leggi e istituzioni” degenerano al punto tale che l’élite a caccia di rendite domina i processi economici e politici – dovrebbe essere letta a voce alta nei messaggi di fine anno del Capo dello Stato italiano, e nei discorsi di fiducia di un vero governo di svolta.

(leoniblog.it)

 

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