HANS-HERMANN HOPPE – ABBASSO LO STATO E LA DEMOCRAZIA

 13,00

Scritti sui sistemi istituzionali moderni e il libertarismo
Facco – 2018, Pagine 198

Raccolta dei migliori saggi di Hoppe su Stato, democrazia, immigrazione, secessione

 

Descrizione

Uno stato rappresenta un monopolio territoriale di coercizione, un organismo con il potere di compiere espropriazioni continue e istituzionalizzate della proprietà e di sfruttare i proprietari privati attraverso tasse e regolamentazioni.

Presupponendo che gli agenti del governo curino i propri interessi, è lecito aspettarsi che tutti gli stati tendano a incrementare questa forma di sfruttamento.

Da una parte, questo si traduce in maggiore sfruttamento interno (e tassazione interna); Dall’altra, in espansione territoriale (guerre).

Gli stati tenteranno sempre di ampliare lo sfruttamento e la base fiscale, trovandosi così in conflitto con quelli concorrenti. Queste le tesi radicali del filosofo di origine tedesca hans-hermann hoppe, la cui critica si estende anche alla democrazia come forma istituzionale e alle sue espressioni politiche.

Esiste un’alternativa libertaria allo stato democratico in grado di valorizzare l’individuo e le sue potenzialità.

Si tratta di tesi che fanno riflettere anche alla luce della crisi delle democrazie liberali classiche e alla loro difficoltà a trovare delle risposte efficaci ai bisogni delle società contemporanee.

 

Vedi un estratto del libro in formato digitale.

 

1 recensione per HANS-HERMANN HOPPE – ABBASSO LO STATO E LA DEMOCRAZIA

  1. Dani Alroghi

    Recensione di Dani Alroghi

    Nelle mie “esplorazioni ideologiche” di visioni del mondo anti-status quo, ultimamente sto concentrando il mio interesse sullo studio dell’ideologia cosiddetta “libertarian right” nella sua variante più radicale, l’an-cap (anarcocapitalismo).

    In pratica, partendo da una radicalizzazione del “liberalismo classico” (ritenuto troppo conciliante con lo stato) alcuni pensatori riconducibili alla cosiddetta “scuola austriaca”, a partire da considerazioni economiche, storiche e tecniche, hanno sviluppato un pensiero, condivisibile o meno sicuramente radicale ed interessante.

    Uno degli autori più in vista di certi circuiti è senz’altro Hans Hoppe, di cui ho letto questa raccolta intitolata “Abbasso lo Stato e la Democrazia”.

    Le parti ed i concetti più interessanti in questo libro (che credo sia considerabile una sorta di “manifesto an-cap”) sono le seguenti (descritti secondo le argomentazioni dell’autore)

    1) Diritto alle libere comunità non sottoposte allo stato e diritto unilaterale di secessione.

    2) Pensiero radicalmente non solo anti-democratico ma anche anti-liberalista in quanto secondo l’autore il liberalismo classico, ammettendo la necessità dell’esistenza di uno stato, per quanto non opprimente, entra in contraddizione e storicamente si scava la fossa, perchè se ammetti l’esistenza di un parassita questo poi si espande e non te ne liberi più se non lo uccidi. (Leonardo Facco, forse il principale esponente italofono, usa sempre la frase “i parassiti o li stermini o ti sterminano”, riferendosi a politici, dipendenti pubblici ed altre cateogire ritenute tali)

    3) Teoria delle “aristocrazie naturali” in concorrenza fra loro scelte liberamente dalle persone comuni per richiedere servizi di protezione e/ dirimere le proprie controversie: esse sarebbero gruppi di persone che, in modo naturale, emergono dalla massa per equità, coraggio, forza, successo, ricchezza ecc. Viene fatto l’esempio del sistema feudale come ordine che si avvicina maggiormente a questo concetto. Secondo l’autore, nonostante le ovvie ingiustizie ed atrocità dell’epoca, questo ordine avrebbe potuto evolversi e perfezionarsi, includendo anche i servi, senza l’avvento negativo di certe forme di stato.

    4) Involuzione della società da quando uno fra i tanti “re”, alleandosi con “il popolo” reso rancoroso verso gli altri “re” dagli intellettuali al servizio del “futuro unico re assoluto” riuscì ad imporre il monopolio della legge e della protezione su un dato territorio, facendo venire meno la volontarietà della scelta dell’elite naturale in concorrenza da cui cercare protezione.

    5) Il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale, che ha segnato la codificazione ufficiale di questo monopolio oppressivo e parassitario.

    6) Il passaggio dalla monarchia costituzionale alla democrazia (incluse le monarchie democratiche) che mantiene tutti i difetti della monarchia costituzionale aggiungendo, però, il fatto che il potere non è più “ereditario” con un sovrano che bene o male pensa al futuro della propria genia e della “sua proprietà” ma con una serie di individui scaltri e truffaldini pronti a farsi eleggere per approfittare personalmente e clientelarmente dei privilegi del pubblico sul privato, senza curarsi del futuro delle altre generazioni.

    7) Una strategia per cambiare lo status quo (Cosa deve essere fatto, famoso discorso di Hoppe), consistente nell’uso strumentale della democrazia in certe enclavi sparse risvegliate per prendere il potere, privatizzare per arrivare ad un “medioevo urbano moderno e senza stato” con tanto di resistenza passiva paracula simultanea di queste enclavi ad ogni tentativo dello stato di “ristabilire l’ordine” (concetti di “non collaborazione”, tipo “ok stato, queste sono le tue leggi, se mandi i tuoi a farle rispettare non mi oppongo ma non faccio il il tuo lavoro perchè io rispondo ai miei elettori)

    8) La distruzione ideologica del contesto di stato in favore del concetto di “privatopia” e la polemica aspra contro i liberali classici moderati che non mettono in discussione questo organismo parassitario, monopolista ed oppressivo per natura.

    9) Il ruolo strumentale del sostegno a qualunque movimento secessionista al fine di avere una moltitudine di stati piccoli ed in concorrenza fra loro come passo intermedio verso l’ideale privatopia, tante piccole comunità volontarie, città-stato ecc in concorrenza fra loro in cui il successo sia nella scelta dei cittadini di “votare coi piedi” ovvero spostarsi liberamente dove vogliono se il posto dove sono è gestito male (si ritorna al concetto di elites naturali in concorrenza fra loro per dare dei servizi alla gente comune).

    10) Libertà di accogliere, diritto di escludere, intesa come libera gestione delle comunità e degli individui di gestire il fenomeno immigrazione come meglio credono, ovvero, per chi è razionale, “solo su invito e solo in certe zone prestabilite” senza le imposizioni dall’alto di uno stato che decide di riempire la tua zona di allogeni (spesso dal comportamento parassitario) senza che tu possa decidere.

    Opinioni personali. Questa visione sicuramente presenta aspetti molto interessanti e condivisibili. Una mancanza è, a mio avviso, il considerare poco (non che lo tralasci eh, ma lo considera poco) l’elemento “comunanza etnoculturale” e molto l’elemento “efficienza economica” (che ritengo importante ma non esclusivo). Forse una visione che in certe parti è monca ma, cosa dire, è meglio avere una sola mano libera che averne 2 legate da eterne manette dietro la schiena.

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