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JOHN E, ACTON – Storia Della Liberta’

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La storia dell’idea della libertà in Occidente vista da un grande cattolico liberale dell’Ottocento

Edizioni: Ideazione   Anno: 1999   pag. 259

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COD: 018-73 Categoria:

Descrizione

John E. Acton (1834-1902) fu uno dei più autorevoli storici inglesi dell’età vittoriana, oltre che amico e consigliere politico del premier William Gladstone. Pur essendo cattolico, venne emarginato dalla Chiesa per le sue idee liberali. Non pubblicò mai libri ma solo saggi e articoli occasionali, che furono raccolti in volumi dopo la sua morte. Coltivò l’idea di scrivere una grandiosa storia della libertà in forma di trattato, ma non riuscì a portarla a termine. I saggi presenti in questo libro, pubblicati tra il 1877 e il 1910, costituiscono la struttura fondamentale del suo progetto. Acton individua la nascita dei sistemi politici liberali negli istituti medievali e non, come voleva la storiografia del suo tempo, nel processo di secolarizzazione e affermazione dello Stato moderno. La libertà politica per Acton è figlia soprattutto della concezione cristiana che attribuisce alla coscienza individuale un primato rispetto alle pretese dello Stato. Perché, come recita un suo celebre detto, “il potere tende a corrompere, e il potere assoluto corrompe assolutamente”.

1 recensione per JOHN E, ACTON – Storia Della Liberta’

  1. Guglielmo Piombini

     

    Recensione di Carlo Zucchi

    Nel 1877 Lord Acton, storico e consigliere del leader liberale inglese William Gladstone, concepiva l’ambizioso progetto di una storia universale incentrata sullo sviluppo della libertà attraverso i secoli. Purtroppo, però, il suo progetto rimase un’intenzione, soprattutto a causa della sua tendenza a considerare sempre insufficiente il materiale accumulato. Se questo “vizio” ha impedito la nascita di un’opera organica dedicata alla storia della libertà attraverso i secoli, ha però offerto a Lord Acton materiale sufficiente per le sue lezioni all’università di Cambridge, dove venne nominato Regius Professor di storia moderna nel 1895.

    Acton è pervaso da un’idea di progresso fondata sullo sviluppo delle libertà costituzionali contro il potere arbitrario, idea che ispirerà profondamente il liberalismo evoluzionistico di Hayek e Popper. Acton attribuisce alla libertà valenze etiche e non economiche, e respinge la concezione lockiana che vede nella libertà una proiezione del diritto di proprietà. In questo Acton sembra essere più vicino a Benedetto Croce che a John Locke, specie se si pensa che negli ultimi anni della sua esistenza vede nello Stato uno strumento necessario per assicurare la libertà anche ai più deboli.

    Molto forte è l’accento posto sulla pericolosità del nazionalismo e l’importanza dell’ordinamento federale per la limitazione del potere e per la realizzazione di ordinamenti liberi. E se riguardo al nazionalismo, possiamo trovare un capitolo (il terzo) ad esso dedicato, il federalismo ricorre non solo nei capitoli conclusivi dedicati all’America, ma anche nel primo capitolo relativo alla libertà nei tempi antichi, all’epoca in cui “Il governo degli Israeliti era una federazione tenuta insieme non dall’autorità politica, ma dall’unità di razza e di fede, e fondata non sulla forza fisica, ma su un patto sottoscritto volontariamente”. Ma tornando all’America, Acton vede proprio nell’assetto federale l’elemento che permette alla costituzione americana di funzionare secondo i principi liberali che ispirarono i suoi padri fondatori.

    Dopo il capitolo relativo alla libertà degli antichi che comprende l’epoca delle 12 tribù israelitiche, passando per la Grecia e Roma antiche, il capitolo seguente si occupa della libertà in epoca cristiana, nel periodo compreso tra il Medioevo e l’inizio degli stati assoluti. Se quest’epoca, assai fiorente per la nascita di istituzioni ispirate al principio di libertà, vede protagonista autori come san Tommaso d’Aquino o Marsilio da Padova, l’epoca degli stati assoluti ha in Machiavelli il proprio “iniziatore”, che con il suo “Il fine giustifica i mezzi” schiude le porte ad ogni nefandezza giustificata sempre e comunque dalla ragion di Stato. In seguito al capitolo dedicato alle origini dello Stato moderno, ci sono tre capitoli dedicati alla storia inglese e al suo difficile percorso verso la formazione di quello spirito liberale, tipico della nazione britannica. Percorso quantomai accidentato e irto di ostacoli dovuti alle dispute religiose, che hanno contrassegnato la storia di quel paese; dispute religiose figlie del pluralismo religioso che ha sempre albergato presso gli inglesi prima, e nelle colonie d’oltreoceano poi. Fatto che suscita un certo interesse, è la connotazione negativa che Acton attribuisce alla Gloriosa Rivoluzione del 1889, che, a suo dire, portò alla ribalta personaggi di basso profilo e di dubbia moralità.

    Infine, gli ultimi due capitoli sono dedicati all’America, nella quale Acton scorge l’ultimo baluardo di libertà, in particolare nella sua concezione etica a lui tanto cara. Per Acton, proprio l’episodio del “Tè di Boston”, che darà il via alla Rivoluzione Americana, è emblematico del carattere etico che permea lo spirito di libertà americano, poiché quella rivolta non fu dovuta all’esosità del tributo posto sul tè, tributo quantomai modesto (per non dire impercettibile) per le tasche dei coloni, ma a motivi di principio, ossia motivi etici. Il principio No taxation without representation veniva infranto. I coloni, che non avevano diritto di voto, si ribellarono; magari avrebbero anche accettato di sottoporsi a tassazione, poiché i motivi non mancavano (la difesa e il pattugliamento delle coste americane era a carico dell’erario di Sua maestà britannica), purchè la tassazione fosse controbilanciata dal diritto di voto, onde rispettare il principio No taxation without representation.

     

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