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LEONARDO FACCO – Il Micropensiero Libertario

 15,00

San Giorgio – 2013, Pagine 197

Aforismi, citazioni e qualche riflessione.

Esaurito

COD: 018-1308 Categoria:

Descrizione

«I concetti più dirompenti, affascinanti, ed esaltanti stanno racchiusi dentro frasi minimaliste». Così Leonardo Facco, nell’introduzione del suo nuovo libro, spiega brevemente l’idea alla base di questo lavoro: una raccolta di aforismi e pensieri brevi, presi dalla personalissima “scorta” creata dall’autore nella sua lunga carriera di giornalista, di editore, ma soprattutto di “esploratore” del pensiero libertario.

Pensieri elaborati dai “Giganti”  del pensiero liberale, da liberali e libertari meno noti, e persino da personaggi ben lontani dalla tradizione liberale, a dimostrazione che “molti sono libertari senza sapere di esserlo”. Pensieri in parte commentati da Leonardo Facco con la consueta vivacità ed energia verbale, un’energia che riesce a liberare da queste “frasi minimaliste”,  o meglio a far “esplodere” – facendo da carica d’innesco –  i “concetti più dirompenti, affascinanti ed esaltanti” di cui si diceva sopra.

Non una semplice raccolta quindi, un elenco statico, ma piuttosto un percorso vivo e dinamico all’interno del pensiero libertario, scandito da numerose “pietre miliari” (50 per la precisione), un racconto appassionato – come è consuetudine dell’autore – sulla Libertà e terminante in 101 pensieri offerti al lettore nella loro essenzialità e grandezza.

1 recensione per LEONARDO FACCO – Il Micropensiero Libertario

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Guglielmo Piombini

    «Non ho la verità in tasca, ma ho la libertà in testa». Con questo aforisma nuovo di zecca Leonardo Facco si è presentato al numeroso pubblico intervenuto a Bologna il 28 novembre 2013 per ascoltarlo sul tema “Lo Stato, un amico immaginario”. L’incontro, organizzato dalla Fondazione Einaudi e dalla Libreria del Ponte, è stato anche l’occasione per presentare il suo nuovo libro Il Micropensiero libertario. Aforismi, citazioni e qualche riflessione (2013, p. 198, € 15,00), edito dalla Libreria San Giorgio di Michele Liati.

    Questo volume raccoglie 159 citazioni, pensieri e brevi frasi incentrate sul tema della libertà di autori famosi e meno famosi, molte delle quali commentate. Otto di questi aforismi sono stati coniati dallo stesso Facco. Nel complesso il libro si presenta come un arsenale di frasi fulminanti, utili da sfoderare al momento opportuno nelle discussioni con i tanti nemici della libertà individuale, ancora persuasi, per interesse o per indottrinamento scolastico e mediatico, della bontà o della superiorità morale di tutto ciò che è “pubblico” o statale.

    Quinto Leprai della Fondazione Einaudi ha aperto l’incontro ricordando le numerose attività che l’instancabile Facco ha svolto negli anni per diffondere le idee libertarie e antistataliste: editore di libri, dvd, cd e riviste (come la mitica rivista libertaria Enclave, pubblicata per oltre 13 anni), scrittore, giornalista, conferenziere, ospite di programmi televisivi e radiofonici, leader del Movimento Libertario e perfino show-man, avendo scritto e messo in scena, con il comico Pongo, uno spettacolo teatrale per dimostrare che “le tasse non sono bellissime”. Attualmente Leonardo Facco è caporedattore del quotidiano online L’Indipendenza diretto da Gianluca Marchi, che in pochi anni ha conquistato un folto numero di lettori, affermandosi nell’area indipendentista e libertaria.

    Per sottolineare questa sua poliedricità Facco si è definito “un personaggio circense” più che un intellettuale. Troppa modestia: in realtà Facco, ben più di tanti “intellettuali” d’ufficio che riempiono le università italiane, ha un inesauribile interesse culturale per l’approfondimento e la diffusione delle idee, e vi riesce anche assai bene. I suoi pregi maggiori sono sempre stati la coerenza intellettuale (lo conosco da più di diciassette anni, e non l’ho mai visto sbandare di una virgola dal rigore delle idee libertarie) e il coraggio.

    Ne fanno prova le tante pericolose battaglie che ha ingaggiato contro il moloch statale: insieme all’imprenditore friulano Giorgio Fidenato (cofondatore del Movimento Libertario) ha condotto una campagna dai complessi risvolti legali contro il sostituto d’imposta, per dare ai dipendenti il 100% della busta paga esentasse; sempre con Fidenato ha sfidato l’assurdo e liberticida divieto di seminare OGM nella propria proprietà, come è lecito fare in mezzo mondo; si è rifiutato di sottostare all’obbligo di compilazione del censimento; ha apertamente violato, con offerte fuorilegge, il divieto legale di effettuare sconti superiori al 15% sui libri; ha presentato provocatoriamente alle elezioni politiche un partito chiamato “Forza Evasori”; è andato in televisione a dire che «le tasse sono un furto e non pagarle è legittima difesa», in contraddittorio con arcigni difensori dello Stato, come quel magistrato che avrebbe voluto farlo arrestare per le sue affermazioni eversive.

    «Non bisogna avere paura di confrontarsi a viso aperto con il nostro nemico, lo Stato», ha detto Facco, «perché la storia della libertà è fatta da quelle persone che hanno messo in atto delle azioni illegali contro il potere. Serve coraggio, perché la libertà non te la regala nessuno e bisogna conquistarsela. Poiché non sono un intellettuale, tutto quello che ho messo in pratica l’ho fatto per dare un esempio». Per Facco, infatti, la mancanza di libertà di un paese nasce il più delle volte dall’intorpidimento degli animi, dall’assuefazione alla propaganda dello Stato, dall’indifferenza per le sue crescenti invasione della libertà individuali.

    La rinuncia alla libertà equivale però all’abbandono della propria dignità umana. Facco ricorda infatti che tra le definizioni di schiavo che si possono trovare sui dizionari c’è anche quella di “persona che si lascia dominare da una certa condizione o consuetudine”. È questa la ragione per cui negli ultimi vent’anni gli italiani hanno tollerato, quasi senza proteste, un’escalation di oppressione fiscale senza precedenti. Molti si sono comportati come quella rana immersa nell’acqua calda che schizzerebbe immediatamente fuori dalla pentola se il calore dell’acqua venisse portato di colpo a 70 gradi, ma che rimane inerte a farsi bollire fino alla morte se il calore dell’acqua viene alzato a poco a poco di un grado alla volta.

    «Quando nel mio libro del 2009 Elogio dell’evasore fiscale avevo scritto che la reale pressione fiscale sui redditi era del 67% tutti ridevano», ricorda Facco. «Oggi invece i giornali e gli studi più autorevoli riconoscono tranquillamente che la pressione fiscale complessiva in Italia è del 70%. Malgrado le tante promesse di rivoluzione liberale e di federalismo competitivo, in tutti questi anni abbiamo avuto solo una cosa: più Stato. Quel famoso imprenditore “liberista” che ha governato l’Italia per la maggior parte degli ultimi vent’anni ci ha regalato ben venticinque nuove tasse. Oggi occorrono sette mesi per adempiere tutti gli obblighi burocratici e iniziare un’attività d’impresa. Un imprenditore mi ha detto che sarebbe disposto a dare un braccio pur di poter tornare a lavorare alle condizioni che c’erano diciotto anni fa».

    Eppure, continua Facco, c’è ancora chi ha la faccia tosta di dire che l’attuale crisi è dovuta alla speculazione dei mercati finanziari o al turbo-capitalismo: «Ma quale liberismo selvaggio! La strafallita e totalmente pubblica AMT di Genova o il disastro della “compagnia di bandiera” Alitalia sono forse un effetto dell’ultra-liberismo? Una volta lo Stato ci ingannava dicendo che, se non fosse per la sua presenza nell’aeronautica, noi cittadini non avremmo avuto la possibilità di volare. Molti ci credevano. Oggi sappiamo però che, grazie alla limitata concorrenza introdotta in questo settore, il figlio dell’operaio ha la possibilità di raggiungere Londra per passarvi il fine settimana spendendo solo 49 euro. Se ci fosse ancora il monopolio statale dell’Alitalia avrebbe dovuto aspettare la liquidazione del padre!»

    La vera esplosione di statalismo selvaggio, che ha portato a un record di spesa e di debito pubblico, è partita secondo Facco nel 2007, quando l’allora ministro delle finanze del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, ebbe l’ardire di andare in televisione a dire che “le tasse sono bellissime”. «In quel momento – ricorda Facco – sobbalzai sulla sedia e corsi nella mia libreria per cercare il grande romanzo di George Orwell, 1984. Rileggendolo, capii che Orwell aveva ragione: il potere ci domina con il bis-pensiero, usando una neo-lingua in cui le parole significano il loro esatto contrario».

    Incalzato dalle domande di Quinto Leprai e del pubblico su quello che dobbiamo aspettarci per il futuro, Facco si è detto piuttosto pessimista sulle prospettive del nostro paese: «L’Italia è un paese irriformabile che si è incamminato verso un declino lungo e inarrestabile. Ormai l’oppressione statale ha creato una fuga generalizzata di giovani, di imprese, di cervelli. Per un imprenditore, però, lasciare la terra dove ha lavorato per decenni è molto più traumatico che per un giovane che ha tutta la vita davanti. Il problema è che lo Stato ci ha messo tutti contro tutti, facendoci diventare una massa di questuanti disposti a cedere la dignità personale in cambio di un sussidio». Facco ricorda con grande rispetto l’insegnamento di suo padre emigrato in Venezuela negli anni Cinquanta, che col duro lavoro è riuscito a realizzare una piccola fortuna come imprenditore: «Allo Stato non bisogna mai chiedere nulla, a parte una cosa: che ci lasci lavorare in pace».

    Una nota di ottimismo è però comparsa quando il discorso è caduto su bitcoin, la moneta digitale privata la cui quotazione rispetto alle inflazionate valute statali sta schizzando alle stelle. Questa cripto−moneta decentralizzata, priva di un soggetto che la emette, può aprire immensi spazi di libertà individuale, sottraendo allo Stato quel monopolio monetario grazie al quale può derubare di nascosto e impunemente i nostri risparmi.

    Nell’intervento di Facco sono riecheggiati molti aforismi contenuti nel libro, come “Lo Stato è la grande finzione attraverso cui tutti cercano di vivere alle spalle degli altri” (Frédéric Bastiat), “Le tasse sono armi di distruzioni di massa” (Ludwig von Mises), “Il libertarismo è semplicemente una filosofia politica che cerca di organizzare la società nel modo meno aggressivo possibile” (Nicola Iannello), “L’unica mano che ti dà lo Stato è quella che infila nelle tue tasche” (Carlo Zucchi). Tra i più belli vanno ricordati quello di Fabio Lazzarin, che costituisce l’incipit d’apertura, e quello Francesco Tedeschi, con cui si chiude il libro. Ma al lettore che voglia soddisfare la propria curiosità consiglio caldamente, a questo punto, di acquistare il libro.

    Guglielmo Piombini

    (30/11/2013)

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