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LUDWIG VON MISES – Socialismo (Edizione Economica)

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 25,00

– Analisi economica e sociologica

Il capolavoro con il quale Mises negli anni Venti demolì il socialismo, in maniera definitiva, per l’impossibilità del

Edizioni: Rusconi   Anno: 1990   pag. 666

Esaurito

COD: 018-44 Categoria:

Descrizione

Una delle più mirabili opere nella storia del liberalismo, vide la luce nel 1922, per dirci che il socialismo, in qualsiasi salsa, costituisce la patologia della società. Da quello bolscevico, che avversa in toto il mercato e la proprietà privata, abolendoli tout court laddove i suoi esponenti giungono al potere, a quello di stato, o a quello corporativo, piuttosto che a quello di stampo nazista, tutti e tre esempi di regimi nei quali mercato e proprietà, pur sussistendo, non possono dispiegare in pieno i loro benèfici effetti nell’economia e nella vita civile.

Come disse Hayek, “tale libro ha sfidato le idee di una generazione e ha cambiato, anche se lentamente, il pensiero di molti”. Qui Mises presenta per la prima volta le sue idee in merito all’impossibilità del calcolo economico in una società socialista in cui è stata abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione. Per calcolo economico Mises intende la possibilità di decidere cosa, quanto e come produrre, in base alle proprie previsioni su costi e ricavi futuri dedotte dal sistema dei prezzi di mercato, la cui abolizione implica l’impossibilità risolvere razionalmente i problemi economici. Questa comporta arbitrio e corruzione del potere politico, distruzione della ricchezza nazionale e riduzione degli individui a servi in una società socialista dove “chi non ubbidisce non mangia”.

Già dagli anni Venti, quindi, Mises profetizza i disastri a cui condurrà il socialismo, sia quello dal volto umano, sia quello con i baffoni. Bolscevismo, nazismo (socialismo biologico), fascismo (socialismo corporativo), statalismo democratico (socialismo di stato), nessuno manca dal catalogo che l’economista-profeta austriaco ci presenta con tanta dovizia di particolari. Volendo, l’elenco può non fermarsi a queste quattro tipologie, perché, come direbbe Mises, esistono infiniti modelli di socialismo, ognuno a immagine e somiglianza del pianificatore che lo mette in pratica, mentre di modelli di capitalismo, ce ne è uno solo, ossia quello basato sul mercato e sul rispetto assoluto dei diritti di proprietà. Di sicuro, denigrare i sacri dogmi del socialismo proprio in anni in cui perfino Gran Bretagna e Stati Uniti stavano imboccando la via dello statalismo non spalancò certo a Mises le porte del successo. Del resto, il Nobel non lo vinse, mentre la giustezza delle sue idee è stata riscontrata soltanto a partire dal crollo del Muro di Berlino. E quanto a notorietà, Mises non ha avuto mai troppa fortuna, neppure a ragione ottenuta. D’altronde, basti pensare che Marx ricorre in ogni pubblicazione, perché, come si sa, gli economisti passano metà del loro tempo a far previsioni e l’altra metà a spiegare perché queste erano sbagliate, e Marx, con tutte le castronerie che ha detto, per spiegare perché le ha dette, ha bisogno di rivivere negli scritti dei posteri per l’eternità.

Socialismo, però, è una delle opere più importanti di Mises, forse seconda soltanto all’Azione umana, l’opera più importante di questo secolo (e forse di sempre) nel pensiero liberale. In Socialismo, Mises delinea gli aspetti economici e sociologici delle società socialiste, in tutte le loro tipologie. In particolare, Mises sottolinea la mentalità dei socialisti, autentici pianificatori (o ingegneri sociali, per dirla con Hayek) che sognano di trasformare tutta la società in un gigantesco ufficio postale, nel quale ognuno fa il suo bravo compitino come un docile e remissivo travet che esegue ciò che altri pensano. Pensare non fa parte del bagaglio del cittadino socialista, a quello pensano i sommi burocrati. Interessante è un aneddoto relativo a un colloquio che Mises ebbe a quattr’occhi (lontano da compagni…indiscreti), con uno degli economisti comunisti intervenuti a un congresso, il quale disse gli disse: “Noi non sappiamo come far uso dei prezzi”, mentre altri “colleghi” socialisti dichiararono che molti prezzi di generi di consumo erano basati sui prezzi registrati nel mondo dei liberi mercati, trasferiti mediante fittizi corsi di cambio nei loro propri prezzi e fissati per un periodo di cinque anni.

Nonostante le oltre 600 pagine, Socialismo è un libro di facile lettura e pieno di considerazioni che si fisseranno nella mente del lettore. In ogni modo, una lettura obbligatoria, non solo per chi si professa liberale, ma anche per chi si interessa di politica, o anche soltanto per chi vuol farsi un’idea un po’ più approfondita e meditata sulle umane cose.

(CARLO ZUCCHI)

1 recensione per LUDWIG VON MISES – Socialismo (Edizione Economica)

  1. Guglielmo Piombini

    src=http://www.parodos.it/books/pensiero%20filosofico/cosocialismo.jpg

    Recensione di Carlo Zucchi

    Una delle più mirabili opere nella storia del liberalismo, vide la luce nel 1922, per dirci che il socialismo, in qualsiasi salsa, costituisce la patologia della società. Da quello bolscevico, che avversa in toto il mercato e la proprietà privata, abolendoli tout court laddove i suoi esponenti giungono al potere, a quello di stato, o a quello corporativo, piuttosto che a quello di stampo nazista, tutti e tre esempi di regimi nei quali mercato e proprietà, pur sussistendo, non possono dispiegare in pieno i loro benèfici effetti nell’economia e nella vita civile.

    Come disse Hayek, “tale libro ha sfidato le idee di una generazione e ha cambiato, anche se lentamente, il pensiero di molti”. Qui Mises presenta per la prima volta le sue idee in merito all’impossibilità del calcolo economico in una società socialista in cui è stata abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione. Per calcolo economico Mises intende la possibilità di decidere cosa, quanto e come produrre, in base alle proprie previsioni su costi e ricavi futuri dedotte dal sistema dei prezzi di mercato, la cui abolizione implica l’impossibilità risolvere razionalmente i problemi economici. Questa comporta arbitrio e corruzione del potere politico, distruzione della ricchezza nazionale e riduzione degli individui a servi in una società socialista dove "chi non ubbidisce non mangia".

    Già dagli anni Venti, quindi, Mises profetizza i disastri a cui condurrà il socialismo, sia quello dal volto umano, sia quello con i baffoni. Bolscevismo, nazismo (socialismo biologico), fascismo (socialismo corporativo), statalismo democratico (socialismo di stato), nessuno manca dal catalogo che l’economista-profeta austriaco ci presenta con tanta dovizia di particolari. Volendo, l’elenco può non fermarsi a queste quattro tipologie, perché, come direbbe Mises, esistono infiniti modelli di socialismo, ognuno a immagine e somiglianza del pianificatore che lo mette in pratica, mentre di modelli di capitalismo, ce ne è uno solo, ossia quello basato sul mercato e sul rispetto assoluto dei diritti di proprietà. Di sicuro, denigrare i sacri dogmi del socialismo proprio in anni in cui perfino Gran Bretagna e Stati Uniti stavano imboccando la via dello statalismo non spalancò certo a Mises le porte del successo. Del resto, il Nobel non lo vinse, mentre la giustezza delle sue idee è stata riscontrata soltanto a partire dal crollo del Muro di Berlino. E quanto a notorietà, Mises non ha avuto mai troppa fortuna, neppure a ragione ottenuta. D’altronde, basti pensare che Marx ricorre in ogni pubblicazione, perché, come si sa, gli economisti passano metà del loro tempo a far previsioni e l’altra metà a spiegare perché queste erano sbagliate, e Marx, con tutte le castronerie che ha detto, per spiegare perché le ha dette, ha bisogno di rivivere negli scritti dei posteri per l’eternità.

    Socialismo, però, è una delle opere più importanti di Mises, forse seconda soltanto all’Azione umana, l’opera più importante di questo secolo (e forse di sempre) nel pensiero liberale. In Socialismo, Mises delinea gli aspetti economici e sociologici delle società socialiste, in tutte le loro tipologie. In particolare, Mises sottolinea la mentalità dei socialisti, autentici pianificatori (o ingegneri sociali, per dirla con Hayek) che sognano di trasformare tutta la società in un gigantesco ufficio postale, nel quale ognuno fa il suo bravo compitino come un docile e remissivo travet che esegue ciò che altri pensano. Pensare non fa parte del bagaglio del cittadino socialista, a quello pensano i sommi burocrati. Interessante è un aneddoto relativo a un colloquio che Mises ebbe a quattr’occhi (lontano da compagni…indiscreti), con uno degli economisti comunisti intervenuti a un congresso, il quale disse gli disse: "Noi non sappiamo come far uso dei prezzi", mentre altri "colleghi" socialisti dichiararono che molti prezzi di generi di consumo erano basati sui prezzi registrati nel mondo dei liberi mercati, trasferiti mediante fittizi corsi di cambio nei loro propri prezzi e fissati per un periodo di cinque anni.

    Nonostante le oltre 600 pagine, Socialismo è un libro di facile lettura e pieno di considerazioni che si fisseranno nella mente del lettore. In ogni modo, una lettura obbligatoria, non solo per chi si professa liberale, ma anche per chi si interessa di politica, o anche soltanto per chi vuol farsi un’idea un po’ più approfondita e meditata sulle umane cose.

     

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