Pietro Monsurrò – Potere senza responsabilità

 15,00

La crisi della legittimità politica tra sfiducia nelle élite e miti populisti

  • 117 pagine
  • Editore: Lithos
  • Data d’uscita: 30 aprile 2020

Descrizione

“Prendere decisioni collettive inique e inefficienti è facile; prenderne di buone è difficile. Essere informati, ragionevoli, tolleranti è difficile; deviare verso l’ideologia, il fanatismo, la faziosità è facile. Il potenziale distruttivo delle scelte collettive è enorme, ma sono inevitabili: una comunità deve imparare a tenere a bada gli istinti tribali e ad accumulare e preservare il capitale politico necessario a facilitare la produzione di beni pubblici e limitare la produzione di ‘mali pubblici’”.

Una densa e serrata analisi, quella proposta in questo libro da Pietro Monsurrò, alla ricerca delle molteplici ragioni, individuali e collettive, psicologiche e istituzionali, alla base della crisi di identità e di legittimità nelle democrazie occidentali.

1 recensione per Pietro Monsurrò – Potere senza responsabilità

  1. Rosamaria Bitetti e Federico Morganti

    Quello di Pietro Monsurrò è un libretto evocativo e provocatorio. In poco più di cento pagine, l’autore tocca molti punti dolenti della politica contemporanea. Molte delle fratture nel vissuto politico odierno dipendono da un’incapacità delle élite di rispondere ai problemi di un mondo che appare sempre più complesso. Inadeguati sono anche i partiti populisti emergenti, che hanno avuto sì il merito di cogliere le incongruenze delle élite, ma solo per ricorrere a spiegazioni semplificate dei problemi – come nel sovranismo o l’ecologismo millenarista – più utili ad acchiappare voti (o like) che affrontare i problemi. E ciò mentre gli elettori, lungi dall’essere in grado di controllare i governanti, restavano vittime di euristiche semplificate, lasciandosi infinocchiare dal politicante di turno. L’agile pamphlet di Monsurrò dipinge con tocchi impressionistici un mondo in cui non soltanto il potere di prendere decisioni politiche, ma anche quello di discuterle in pubblico e votare chi le prende, sono esercitati senza responsabilità.

    James Buchanan spiegava che la scelta politica è necessariamente più irrazionale di ogni scelta quotidiana, perché chi la compie non è tenuto a pagare le conseguenze dei propri errori, che comunque non sarebbe in grado di prevedere. Non sembra esserci motivo a informarsi davvero sui programmi di chi si candida alle elezioni. Anzitutto, possono essere rivisti in base all’opportunità del momento. Soprattutto, la quantità di competenze (economiche, giuridiche, politologiche, quando non scientifiche) necessarie per capire davvero un insieme di provvedimenti politici sfida la capacità degli esperti, figuriamoci dei cittadini. E già negli anni Cinquanta Anthony Downs teorizzava, poi confermato dalla letteratura empirica, che l’elettore medio scegliesse (razionalmente) di restare ignorante.

    D’altronde Ortega y Gasset, opportunamente richiamato nell’introduzione, attribuiva all’“uomo massa” la peculiarità di chiudersi con sorda soddisfazione nel proprio limitato patrimonio morale e intellettuali. Non solo ignoranti: di fronte alla politica i cittadini sono creduloni, parziali, pieni di pregiudizi. La psicologia evoluzionistica mostra che la mente umana si è evoluta non per cercare la verità, bensì per fare squadra con i simili e guerra con il dissimile. E ancora oggi asserviamo a tale scopo la nostra capacità di ragionare: siamo disposti a credere a tutto pur di confermare la nostra visione del mondo, di dar ragione al nostro politico di riferimento, al nostro gruppo di appartenenza. Pietro Monsurrò prende in rassegna tutte queste e le riscrive secondo la sua visione filosofica del mondo, un mondo popolato da irresponsabili irrazionali. Con un linguaggio immaginifico, che si avvicina più all’aforisma che alla spiegazione, tiene il lettore incollato alle pagine: sembrerebbe quasi che il conservatorismo italiano abbia trovato il suo Žižek.

    (Il Foglio, 27/5/2020)

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