POPPER, RAIMUND K. – La Societa’ Aperta E I Suoi Nemici Vol. 1

 26,86

PLATONE TOTALITARIO

Platone come nemico della società aperta

Edizioni: Armando   Anno: 1996   pag. 480

COD: 018-175 Categoria:

1 recensione per POPPER, RAIMUND K. – La Societa’ Aperta E I Suoi Nemici Vol. 1

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Carlo Zucchi

    Uno dei testi più controversi degli ultimi decenni. Nessuno, prima di Popper, aveva preso così di petto Platone. Partendo dall’analisi della filosofia di Eraclito, cui Platone attinge, Popper rileva i caratteri totalitari di un pensiero avverso ad ogni forma di cambiamento. La stasi sembra dominare l’orizzonte di Platone, come quello di Eraclito. Entrambi vissero in periodi di cambiamento sociale, e si sa che il cambiamento porta con sé disagi momentanei ma cruenti, ai quali si è portati a reagire cercando rifugio nelle proprie certezze illudendosi di “fermare il tempo”, impedendo la spontanea evoluzione sociale con la creazione di sistemi politici totalitari. Nella resistenza al cambiamento Popper vide uno dei germi del totalitarismo presenti in Platone.

    Altro aspetto che convinse Popper dell’indole totalitaria di Platone fu il suo proposito di affidare ai filosofi la guida del governo. I filosofi, secondo Platone, erano le uniche persone in possesso delle nozioni adatte a governare. Il potenziale totalitario di tale concezione sta, secondo Popper, nella pretesa, da parte di Platone, che la cultura possa portare all’onniscienza e che alcune persone, in virtù del loro maggior sapere, si possano arrogare il diritto di sapere cosa è meglio per gli altri e imporre così su di essi la propria volontà. Naturalmente, nei suoi modelli di Stato rinvenibili ne La Repubblica e ne Le Leggi, Platone pone notevoli limitazioni al commercio quale fonte di cambiamento e, in quanto tale, possibile fonte di corruzione dei costumi.

    La stessa giustizia non doveva essere finalizzata a impedire i danni arrecati alle persone, bensì a tutelare le esigenze del “corpo sociale” preso nella sua totalità. Le esigenze dei singoli dovevano così essere sacrificate alle esigenze del tutto. Come tutti gli artisti, Platone era un perfettista che sognava l’edificazione di una società alla stregua un’opera compiuta in ogni minimo particolare. Nel desiderio dell’artista nel vedere la realizzazione completa dell’opera in ogni suo dettaglio, Popper scorge abilmente la motivazione che ha sempre spinto gli artisti a “trescare” con dittature e totalitarismi. Il fascismo, prima di cadere, attrasse schiere di intellettuali proprio in virtù del suo proposito di edificare una società alla stessa maniera dell’artista che modella una scultura. E, a fascismo caduto, molti di questi artisti trovarono nel marxismo staliniano il modello da imitare per gli stessi motivi per cui lo trovarono nel fascismo, salvo accusare quest’ultimo di aver soppresso ogni forma di libertà! D’altronde, anche ai tempi dell’Antica Grecia, molti filosofi ateniesi videro in Sparta, l’emblema della società chiusa, il modello di civiltà che soddisfaceva il loro bisogno di vedere un’opera compiuta.

    Certo, l’aggettivo totalitario, figlio della modernità, applicato a un filosofo dell’Antica Grecia non può non far discutere e, infatti, questo giudizio di Popper ha dato via a un dibattito che, probabilmente, sarà destinato a non esaurirsi mai. In ogni caso, Platone può ben difficilmente considerarsi un apologeta della società aperta, anche se la società aperta così come la intendiamo noi oggi, ai suoi tempi non esisteva. Non può considerarsi nemmeno l’erede del suo maestro Socrate, e a tal proposito, Popper disse che Platone, “con tutto il rigore della sua ripulitura della tela, fu spinto su una strada lungo la quale compromise la sua integrità ad ogni passo che fece. Egli fu spinto a combattere il libero pensiero e il perseguimento della verità; fu indotto a difendere la menzogna, i miracoli politici, la superstizione dei tabù; la soppressione della verità e, alla fine, la violenza brutale […]. Nonostante il proprio odio verso la tirannide, fu spinto a vedere nel tiranno un possibile aiuto e a difendere le più tiranniche misure”. Di conseguenza, afferma Popper, “la lezione che dovremmo apprendere da Platone è esattamente l’opposto di quanto egli vorrebbe insegnarci. Per quanto eccellente fosse la sua diagnosi sociologia, lo sviluppo stesso di Platone dimostra che la terapia che raccomandava è peggiore del male che tentava di combattere. Arrestare il cambiamento politico non costituisce un rimedio e non può portare alla felicità”

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