POPPER, RAIMUND K. – La Societa’ Aperta E I Suoi Nemici Vol. 2

2 recensioni per POPPER, RAIMUND K. – La Societa’ Aperta E I Suoi Nemici Vol. 2

1. 

   Valutato 3 su 5

   Guglielmo Piombini – 24 Febbraio 2018

   Recensione di Carlo Zucchi

   In questo volume, Popper attacca Hegel e Marx rivolgendo loro l’epiteto di falsi profeti. Se oggi possiamo accogliere pacificamente tale definizione, negli anni in cui questo volume venne pubblicato gli attacchi a Popper si sprecarono. Particolarmente efficace è la critica a Hegel, le cui origini aristoteliche del pensiero vengono messe a nudo da Popper. Aristotele supponeva che le cose sensibili portassero potenzialmente in sé stesse i semi, per così dire, dei loro stadi finali, o delle loro essenze”. Aristotele vedeva nella cosa la propria essenza, così che ogni mutamento significasse, per lui, la realizzazione di potenzialità inerenti all’essenza di una cosa. Hegel replicò tale concezione ai concetti dell’era moderna.

   Ma ciò che fece ritenere a Popper che con Hegel fosse iniziata l’era della disonestà intellettuale “dominata dalla magia di parole altisonanti e dalla potenza del gergo” fu che il filosofo tedesco “divenne il filosofo ufficiale del prussianesimo”. Come disse Schopenauer: “Hegel, insediato dall’alto, dalle forze al potere, come il Grande Filosofo autentico, fu un ciarlatano di mente ottusa, insipido, nauseabondo, il letterato che raggiunse il colmo dell’audacia scribacchiando e scarabocchiando i più pazzi e mistificanti non-sensi. Questi non-sensi sono stati chiassosamente celebrati come sapienza immortale da seguaci mercenari e prontamente accettati per tali da tutti gli stolti, che così si misero a intonare un coro di ammirazione tanto perfetto quale non si era mai udito prima. L’immenso campo di influenza spirituale che è stato messo a disposizione di Hegel da coloro che erano al potere gli ha consentito di perpetrare la corruzione intellettuale di un’intera generazione”.

   Riguardo a Marx, Popper gli rimproverò l’approccio storicistico all’analisi della società. Pur riconoscendone la carica umanitaria e i metodi razionali ai più pressanti problemi, lo ritenne “responsabile della rovinosa influenza del metodo di pensare storicista tra i ranghi di quanti vogliono far avanzare la causa della società aperta”. Su Il Capitale, Marx scrive che, anche quando una società è riuscita a intravedere la legge di natura del proprio movimento, essa “non può né saltare, né eliminare per decreto le fasi naturali dello svolgimento. Ma può abbreviare e attenuare le doglie del parto”. Secondo Popper, la pretesa che leggi ineluttabili guidino la storia degli uomini fa di Marx un profeta e non uno scienziato.

   Riguardo al materialismo storico, secondo cui “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”, lo sviluppo storico sarebbe conseguenza dell’organizzazione economica della società. Popper sostiene che gli studi sociali possono dare risultati migliori se i ricercatori terranno d’occhio le “condizioni economiche” di eventi e istituzioni, guidati dalla convinzione che “c’è un’interazione fra le condizioni economiche e le idee, e non semplicemente una dipendenza unilaterale delle ultime dalle prime”. Conseguenza del materialismo storico è la teoria secondo la quale ogni politica economica statale è impotente, come pure il sistema legale imposto dallo Stato, che Marx vede come una sovrastruttura che si erge sulle forze produttive del sistema economico.

   Ma la profezia marxiana dell’ineluttabile avvento della società senza classe è naufragata in ognuno dei suoi tre punti: primo, perché l’incremento della produttività del lavoro dovuto ai miglioramenti tecnologici non ha polarizzato ricchezza e miseria aprendo ancor di più la forbice tra ricchi e poveri, secondo, perché la borghesia non è scomparsa, terzo perché il socialismo, conseguente alla vittoria del proletariato sulla borghesia, si è in realtà realizzato soltanto grazie all’intervento di quello Stato che Marx vedeva come sovrastruttura del organizzazione capitalistica borghese. Per cui, anche Marx può a buon diritto sedere nell’olimpo dei falsi profeti.

    

2. 

   Libreria del Ponte – 14 Settembre 2018

   Recensione di Carlo Zucchi

   In questo volume, Popper attacca Hegel e Marx rivolgendo loro l’epiteto di falsi profeti. Se oggi possiamo accogliere pacificamente tale definizione, negli anni in cui questo volume venne pubblicato gli attacchi a Popper si sprecarono. Particolarmente efficace è la critica a Hegel, le cui origini aristoteliche del pensiero vengono messe a nudo da Popper. Aristotele supponeva che le cose sensibili portassero potenzialmente in sé stesse i semi, per così dire, dei loro stadi finali, o delle loro essenze”. Aristotele vedeva nella cosa la propria essenza, così che ogni mutamento significasse, per lui, la realizzazione di potenzialità inerenti all’essenza di una cosa. Hegel replicò tale concezione ai concetti dell’era moderna.

   Ma ciò che fece ritenere a Popper che con Hegel fosse iniziata l’era della disonestà intellettuale “dominata dalla magia di parole altisonanti e dalla potenza del gergo” fu che il filosofo tedesco “divenne il filosofo ufficiale del prussianesimo”. Come disse Schopenauer: “Hegel, insediato dall’alto, dalle forze al potere, come il Grande Filosofo autentico, fu un ciarlatano di mente ottusa, insipido, nauseabondo, il letterato che raggiunse il colmo dell’audacia scribacchiando e scarabocchiando i più pazzi e mistificanti non-sensi. Questi non-sensi sono stati chiassosamente celebrati come sapienza immortale da seguaci mercenari e prontamente accettati per tali da tutti gli stolti, che così si misero a intonare un coro di ammirazione tanto perfetto quale non si era mai udito prima. L’immenso campo di influenza spirituale che è stato messo a disposizione di Hegel da coloro che erano al potere gli ha consentito di perpetrare la corruzione intellettuale di un’intera generazione”.

   Riguardo a Marx, Popper gli rimproverò l’approccio storicistico all’analisi della società. Pur riconoscendone la carica umanitaria e i metodi razionali ai più pressanti problemi, lo ritenne “responsabile della rovinosa influenza del metodo di pensare storicista tra i ranghi di quanti vogliono far avanzare la causa della società aperta”. Su Il Capitale, Marx scrive che, anche quando una società è riuscita a intravedere la legge di natura del proprio movimento, essa “non può né saltare, né eliminare per decreto le fasi naturali dello svolgimento. Ma può abbreviare e attenuare le doglie del parto”. Secondo Popper, la pretesa che leggi ineluttabili guidino la storia degli uomini fa di Marx un profeta e non uno scienziato.

   Riguardo al materialismo storico, secondo cui “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza”, lo sviluppo storico sarebbe conseguenza dell’organizzazione economica della società. Popper sostiene che gli studi sociali possono dare risultati migliori se i ricercatori terranno d’occhio le “condizioni economiche” di eventi e istituzioni, guidati dalla convinzione che “c’è un’interazione fra le condizioni economiche e le idee, e non semplicemente una dipendenza unilaterale delle ultime dalle prime”. Conseguenza del materialismo storico è la teoria secondo la quale ogni politica economica statale è impotente, come pure il sistema legale imposto dallo Stato, che Marx vede come una sovrastruttura che si erge sulle forze produttive del sistema economico.

   Ma la profezia marxiana dell’ineluttabile avvento della società senza classe è naufragata in ognuno dei suoi tre punti: primo, perché l’incremento della produttività del lavoro dovuto ai miglioramenti tecnologici non ha polarizzato ricchezza e miseria aprendo ancor di più la forbice tra ricchi e poveri, secondo, perché la borghesia non è scomparsa, terzo perché il socialismo, conseguente alla vittoria del proletariato sulla borghesia, si è in realtà realizzato soltanto grazie all’intervento di quello Stato che Marx vedeva come sovrastruttura del organizzazione capitalistica borghese. Per cui, anche Marx può a buon diritto sedere nell’olimpo dei falsi profeti.