PUPO, SPARTACO – Robert Nisbet

 16,00

E IL CONSERVATORISMO SOCIALE

Mimesis – 2012, Pagine 190

Un’introduzione al pensiero di uno dei più noti intellettuali conservatori americani

 

COD: 018-1316 Categoria:

Descrizione

Sociologo, storico della cultura, docente nei più prestigiosi atenei americani, Robert A. Nisbet è stato anche uno degli esponenti più influenti del conservatorismo del Novecento. Sulla scia di Burke e Tocqueville, ha sostenuto, in polemica con lo statalismo, l’individualismo e il liberalismo, l’importanza del pluralismo, dell’autorità politica, della comunità e della tradizione. Il volume costituisce una chiara e agile introduzione al pensiero politico di Nisbet, di cui ripercorre le tappe e i testi fondamentali, e illustra i caratteri propri del suo conservatorismo sociale, che egli ha voluto libero dall’estetismo religioso, dal nostalgismo, dal passatismo ad ogni costo e capace di affrontare la complessità del presente.

1 recensione per PUPO, SPARTACO – Robert Nisbet

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Marco Respinti

    A patto di non scambiare bovinamente il «conservatorismo sociale» (traduzione letterale di uno stilema statunitense) con la «destra sociale», lo studio Robert Nisbet e il conservatorismo sociale (Mimesis, pp.186, euro16) di Spartaco Pupoè una vera perla.

    Cosentino, classe 1974, docente di Storia delle dottrine politiche nell’Università della Calabria, Pupo studia il pensiero nisbetiano da tempo e la sua onestà nel presentarne i tratti salienti è preziosa quanto rara.

    Robert Alexander Nisbet (1913-1996), conservatore, cattolico, è senza dubbio uno dei giganti del pensiero contemporaneo, statunitense sì, ma di respiro sul serio universale. Sociologo, Nisbet ha saputo ridare dignità piena a una disciplina i cui carnefici primi sono troppo spesso proprio i suoi specialisti. Perché il sociologo vero è un «pastore» dell’«uomo sociale»: ne assiste le dinamiche storiche senza pretendere di determinarle né tantomeno di forzarle . Di studi e saggi importanti Nisbet ne ha lasciati numerosi; non uno andrebbe lasciato ammuffire sugli scaffali di qualche biblioteca poco frequentata.

    Una piccola gemma è il suo Conservatorismo: Sogno e realtà (1986); imperdibili sono Tradition and Revolt (1968), The Social Bond (1970), The Degradation of Academic Dogma (1971), Twilight of Authority (1975), Sociology as an Art Form (1976) e The Present Age: Progress and Anarchy in Modern America (1988).

    Con Prejudices: A Philosophical Dictionary (1982) Nisbet ha ripreso e spiegato uno dei concetti base della filosofia di uno dei maestri suoi e di tutto il conservatorismo, non solo angloamericano, Edmund Burke (1729-1797): l’idea che il pregiudizio sta al fondamento della tradizione quanto il privilegio è il contrario esatto delle caricature elaborate da giacobini e comunisti.

    Ma è con The Quest for Community (1953), tradotto in italiano nel 1957 dalle milanesi Edizioni di Comunità con il titolo La Comunità e lo Stato, che Nisbet getta la pietra angolare del suo costrutto culturale. Con quel testo, infatti, egli afferma e dimostra che essere conservatore significa essere tradizionalista, e che il vero tradizionalista è l’autentico comunitarista. Nisbet era in anticipo; la polemica scoppierà molto dopo. Ma quando i soi-disant «comunitaristi» dell’«era Clinton» cercarono di puntellare il pensiero liberal in disfacimento tagliando-e-incollando il pantheon della Destra, troppi caddero nella trappola; chi invece si era tenuto saldo alla via nisbetiana, resistette. Questo è un passaggio peculiare in cui il libro di Pupo eccelle per onestà intellettuale nel fare chiarezza.

    Nisbet spiega tutto in quel capolavoro che è The Sociological Tradition (1966), tradotto a Firenze da La Nuova Italia nel 1977 e non ignoto nemmeno ai piuttosto avari circoli universitari italiani. Lì Nisbet ricupera il magistero culturale dei grandi pensatori contro-rivoluzionari francesi e suggella il senso di una carriera intera descrivendo la nascita e lo sviluppo della sociologia in Occidente come storia del pensiero «reazionario» contro la disgregazione progressista. L’operazione è peraltro delle più importanti: con Nisbet, infatti, il conservatorismo statunitense spinge le radici più in profondità, suggendo linfa vitale dal retaggio preilluministico europeo.

    Pupo, che di Nisbet è l’inteprete italiano, è raffinatissimo nel presentare tutte le cifre del pensiero dello studioso statunitense, illustrando egregiamente come per i nisbetiani (cioè i «veri conservatori») il «sociale» sia l’attenzione agli istituti di diritto naturale e alle istituzioni positive che nel rispetto di quello si fondano. E come tutto ciò sia ancora oggi un’arma politica formidabile, persino elettorale. «Il conservatorismo sociale prefigurato da Nisbet», chiude Pupo, «continuerà ad assegnare grande valore agli ordinamenti politici e alle istituzioni sociali ereditate tradizionalmente ma accetterà anche modifiche e riforme secondo processi gradualistici, contro qualsiasi radicale pretesa di distruzione delle istituzioni attuali per costruire ex novo l’organizzazione sociale.

    All’astratta ragione, che i razionalisti politici considerano capace di riorganizzare la società e le istituzioni politiche secondo piani prestabiliti, i conservatori sociali opporranno, oltre i limiti propri di ciascun individuo, il senso della continuità storica dello Statocome comunità di comunità». È stato così che Nisbet, sorta di Burke redivivo, ha saputo dialogare efficacemente con tradizionalisti e libertarian, neocon e social, senza mai concedere uno iota ai liberal.

    (Libero, 24 agosto 2012)

Aggiungi una recensione