RUMMEL, RUDOLPH J. – Stati Assassini

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La violenza omicida dei governi

Un libro fondamentale per comprendere al meglio l’atrocità  del XX secolo, il secolo dello Stato massimo e della sua ideologia. Introduzione di Alessandro Vitale.

Edizioni: Rubbettino   Anno: 2005   pag. 559

COD: 018-456 Categoria:

1 recensione per RUMMEL, RUDOLPH J. – Stati Assassini

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Guglielmo Piombini

    Nel XX secolo moltissimi intellettuali hanno creduto nella natura benevola dello Stato, e hanno promosso una enorme espansione dei poteri dei governi. Ma il secolo dello “Stato massimo” che è volto al termine si è rivelato, come avevano temuto i liberali classici, anche il più sanguinoso della Storia. Ora possediamo delle stime abbastanza precise di quello che è successo grazie a Rudolph Rummel, professore di scienze politiche all’Università delle Hawaii e candidato al Premio Nobel per la Pace, i cui studi sui “democidi” (cioè le uccisioni della popolazione civile, per qualsiasi motivo, da parte dei governi) sono ormai dei punti di riferimento obbligati in materia. Nelle suo libro Death by Government, tradotto dall’editore Rubbettino con il titolo Stati assassini egli arriva a calcolare nella quasi incredibile cifra di 170 milioni (!) le persone ammazzate dai governi durante il solo ‘900; e dal computo – si badi bene – sono esclusi i 40 milioni di soldati che hanno perso la vita nelle guerre scatenate dagli Stati stessi.

    Guida la classifica dei governi più sterminatori del secolo quello sovietico, le cui vittime tra il 1917 e il 1987 sono valutate da Rummel in 62 milioni (di cui circa 43 milioni per responsabilità di Stalin); segue poi il governo comunista cinese con 35 milioni di morti tra il 1949 e il 1987, più altri 27 milioni per la carestia provocata dalla politica agricola di Mao durante il “Grande balzo in avanti” (ma questi dati sembrano un po’ sottostimati); 20 milioni di morti, tra ebrei, omosessuali, zingari, e altre popolazioni europee vengono poi attribuiti allo Stato nazionalsocialista di Hitler; 10.214.000 ai nazionalisti cinesi dal 1928 al 1949; 5.964.000 ai militaristi giapponesi nelle zone dell’Asia occupate durante la II guerra mondiale; 2.035.000 ai khmer rossi di Pol Pot in Cambogia dal 1975 al 1979 (il 31,25 della popolazione in 4 anni: un record); 1.883.000 al genocidio turco contro gli armeni negli anni ‘10; 1.670.000 al Vietnam comunista; 1.585.000 al processo di espulsione dei civili tedeschi dalla Polonia e dall’Est Europa alla fine dell’ultima guerra; 1.503.000 allo Stato del Pakistan nel 1971 contro bengalesi e indù; 1.072.000 alla Yugoslavia di Tito. Inoltre vi sono altri tre casi sospetti di democidio: 4.145.000 persone sterminate nella Corea del Nord; 1.417.000 uccisi dal governo messicano tra il 1900 e il 1920; e infine 1.066.000 di morti nella Russia zarista dal 1900 al 1917.

    A differenza di altri studiosi della politica, Rummel, applicando un principio tipicamente libertario, giudica i governanti con gli stessi standard morali che vengono applicati alle persone comuni, e non esita a definire questi misfatti per quello che realmente sono: omicidi di massa su vasta scala, che mai nessun serial-killer o organizzazione criminale privata sarebbe in grado di commettere. Viene così smentita la dominante idea hobbesiana secondo cui l’ordine civile può essere assicurato solo con la monopolizzazione della forza in capo ad un unico soggetto, lo Stato. Al contrario, la lezione che si può trarre dagli eventi di questo secolo è che il potere politico centralizzato costituisce la cosa più pericolosa che esiste sulla faccia della Terra; lungi dall’essere riuscito a mantenere la pace tra gli uomini, il Leviatano statale – grazie all’accresciuta capacità di concentrare e mobilitare coattivamente uomini, armi e risorse finanziarie mediante le imposte e la coscrizione obbligatoria – si è dimostrato il più feroce degli assassini sia all’esterno che al proprio interno.

    Maggiore è il potere degli Stati, maggiori sono le probabilità che le persone vengano uccise, coartate, irregimentate, o spogliate dei propri beni: questo stretto legame tra libertà individuale e pace rappresenta per Rummel un’importantissima scoperta empirica della scienza politica, trascurata da tutti quegli apologeti del collettivismo statalista che tanto hanno contribuito alle immani tragedie del ‘900.

    Infatti, come rileva Alessandro Vitale nella sua straordinaria introduzione, gli Stati, massimo vertice storico della concentrazione-centralizzazione del potere, sono “industrie del massacro”. E’ quindi il democidio la chiave di volta per comprendere la natura del Leviatano statale e la sua incomparabile pericolosità, quando può dispiegare la sua coerenza di monopolista della violenza.

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