VERNAGLIONE, PIERO – Paleolibertarismo

 12,00

Il pensiero di Hans-Hermann Hoppe

Una chiara ed efficace presentazione del pensiero right-libertarian e del suo esponente più significativo: Hans-Hermann Hoppe.

Edizioni: Rubbettino   Anno: 2007   pag. 117

Descrizione

La teoria libertaria si sviluppa e si perfeziona nella seconda metà del Novecento, principalmente negli Stati Uniti. Uno dei cardini di tale teoria, la legittimità di qualsiasi scambio consensuale, venne particolarmente enfatizzato, a fini“controculturali” e antisistema, negli anni Sessanta e Settanta, in concomitanza con lo sviluppo dei movimenti di contestazione. Tematiche quali la liberalizzazione delle droghe o dei costumi sessuali, o le istanze antireligiose, per la loro natura trasgressiva e provocatoria, tendevano ad occupare il centro della scena, generando però in tal modo una indebita torsione della dottrina. Capisaldi della quale sono anche l’individualismo, la centralità della proprietà privata e del mercato, l’antiegalitarismo, la valorizzazione del merito, tutti aspetti che risultavano offuscati nella versione hippy del libertarismo sessantottino. A partire dagli anni Ottanta, alcuni esponenti del pensiero libertario acquisirono piena consapevolezza di tale divergenza, culturale e politica, e, insoddisfatti della deriva New Left del libertarismo americano, diedero vita alla corrente di pensiero successivamente definita“paleolibertarismo”. Questi autori, giudicando infantili e controproducenti l’anticonformismo e il ribellismo di maniera esibiti dai libertari“di sinistra”, propongono un sostrato valoriale di segno opposto: una società libertaria può affermarsi solo se a livello sociale si diffonde sempre più una mentalità che, al contrario, recuperi la vituperata moralità borghese, incentrata sulla responsabilità personale, l’etica del lavoro, l’impegno, il rifiuto dell’assistenzialismo, valori più funzionali alla preservazione dell’autonomia e della libertà individuali. Di questa corrente culturale fa parte Hans-Hermann Hoppe, la figura di maggior spicco del (paleo)libertarismo contemporaneo. In questa monografia il pensiero di Hoppe viene esaminato in tutti i suoi aspetti: etici, epistemologici, economici, politici.

1 recensione per VERNAGLIONE, PIERO – Paleolibertarismo

  1. Libreria del Ponte

    Recensione di Guglielmo Piombini

    Piero Vernaglione, brillante studioso di filosofia politica, aveva dimostrato nel 2003 di essere uno dei migliori esperti del pensiero libertario pubblicando un trattato ricco e completo sull’argomento (Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Rubbettino, Soveria Mannelli, pp. 613, € 30,00).

    Nel 2007 Vernaglione ha pubblicato con lo stesso editore un altro studio, più agile e snello, che aggiorna e completa il suo precedente lavoro (Paleolibertarismo. Il pensiero di Hans-Hermann Hoppe, pp. 119, € 12,00).

    Il paleolibertarismo (letteralmente, “libertarismo all’antica”) di cui parla Vernaglione coniuga la difesa senza compromessi della proprietà privata e del libero mercato propria del libertarismo con il sostegno ai valori morali tradizionali tipica del conservatorismo. In questo senso il pensiero paleolibertario esprime un’efficace combinazione di liberismo economico e tradizionalismo culturale. La spiccata sensibilità conservatrice dei paleolibertari si contrappone quindi alla cultura progressista e relativista dei left-libertarian, i libertari “di sinistra” attenti soprattutto alle cosiddette libertà civili (analoghi per certi versi, ai nostri radicali).

    Vernaglione analizza con attenzione il pensiero filosofico, economico e politico dell’esponente più importante del paleolibertarismo, Hans-Hermann Hoppe, che insegna economia all’università del Nevada dopo essere succeduto nella cattedra del suo maestro Murray N. Rothbard, massimo teorico libertario scomparso nel 1995. Hoppe, sulla scia del pensiero di Rothbard, ritiene che il liberismo economico e il libertinismo morale siano tra loro incompatibili, perché una società liberale imperniata sul mercato e la proprietà privata si fonda necessariamente su un sostrato culturale in cui prevalgono i valori tradizionali e la moralità borghese.

    Per i paleolibertari, scrive Vernaglione, una società libera può mantenersi in vita solo se a livello sociale si diffonde e si rafforza una cultura che disprezzi la mentalità assistenzialistica e parassitaria; che ripristini la centralità dello sforzo individuale; che rivaluti l’etica del lavoro, l’impegno, l’affidabilità, la previdenza, la disciplina, la prudenza; che respinga l’egualitarismo e accolga le differenze naturali fra le persone e i ruoli sociali che ne derivano, comprese le gerarchie; che preservi l’autonomia della famiglia e delle altre comunità intermedie; che recuperi il patrimonio culturale dell’Occidente e gli standard morali scaturiti dalla tradizione giudaico-cristiana.

    Per Hoppe una società fondata sull’economia di mercato esprime spontaneamente una cultura conservatrice, mentre il progressismo culturale va di pari passo con l’edificazione dello Stato assistenziale. La storia sembra confermare questa visione, perché le società più vicine all’ideale del laissez-faire, come l’Inghilterra o l’America dell’Ottocento, non erano affatto licenziose o libertine. Il vecchio ordine capitalistico “vittoriano” non era gaudente o materialistico; non produceva permissivismo, ma un rigido ambiente di lavoro e risparmio, e chi non si atteneva agli standard richiesti veniva punito dalle severe sanzioni sociali o del mercato.

    Non è un caso che in Occidente la contestazione dei valori tradizionali sia cominciata con la rivoluzione culturale degli anni Sessanta del Novecento, proprio mentre veniva ampliato a dismisura il sistema pubblico di welfare. Solo con l’avvento dello Stato sociale e della redistribuzione statale, che spezza il legame tra comportamento responsabile e disponibilità di risorse, si sono potuti diffondere a livello di massa gli stili di vita decadenti, edonistici e consumistici. Lo stato sociale, infatti, fornisce le basi materiali indispensabili per vivere una vita “liberata” dalla “repressione” capitalistica, famigliare, scolastica, sociale, senza doverne pagare il costo.

    Per questa ragione Hoppe giudica incoerenti sia i left-libertarian, liberisti in economia ma progressisti sul piano culturale, sia i conservatori populisti che difendono lo statalismo (come la nostra destra sociale). Mantenere le istituzioni centrali dell’attuale stato assistenziale e pretendere il ritorno alle norme e condotte tradizionali sono obiettivi incompatibili. Si può avere l’uno (il socialismo del welfare) o l’altro (i valori tradizionali), ma non entrambi, perché i pilastri del corrente Stato sociale, conclude Hoppe, sono la causa delle attuali anomalie sociali e culturali delle democrazie occidentali.

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