Richard Rahn – SVIZZERA: UN PAESE CHE FUNZIONA

Richard Rahn – SVIZZERA: UN PAESE CHE FUNZIONA

The Washington Times, 11 agosto 2014

La Svizzera non è perfetta, ma se la confrontiamo con gli altri paesi è difficile trovarne uno migliore. Più si conosce la Svizzera, più la si apprezza. Secondo quasi tutte le misurazioni delle realizzazioni umane, e particolarmente nella creazione del modello di governo di maggior successo, gli svizzeri sono chiaramente i numeri uno al mondo.

La Svizzera è una piccola nazione senza sbocco sul mare e con poche risorse naturali. È riuscita a rimanere fuori dalle guerre per quasi due secoli, e ha sviluppato una democrazia multilingue e multireligiosa senza conflitti. Qui vige uno Stato di diritto retto da giudici competenti e imparziali, che prevede forti tutele per la proprietà privata.

Fra tutti i paesi del mondo, la Svizzera si piazza al primo posto nella “soddisfazione per la vita”, secondo l’Ocse; al primo posto nella “competitività globale” secondo il World Economic Forum; al secondo posto nel “tasso di occupazione lavorativa” secondo l’Ocse; al terzo posto nell’indice della “felicità” secondo le Nazioni Unite; al quarto posto nella classifica delle “libertà economiche” secondo il Fraser Institute e il Cato Institute; al settimo posto nel “reddito procapite” a parità di potere d’acquisto, secondo il Fondo Monetario Internazionale; al secondo posto nella “prosperità complessiva” secondo il Legatum Institute; e al primo posto nella “aspettativa di vita alla nascita” secondo l’Ocse.

La Svizzera è inoltre sopra la media dei paesi dell’Ocse (le 35 economie più sviluppate del mondo) per quanto riguarda i livelli d’istruzione e i punteggi nei test scolastici, e ha un minore inquinamento aereo e acqueo. Le libertà civili sono fortemente protette, comprese la libertà di parola, di religione, di stampa, di riunione e perfino il diritto di portare armi. Difficile fare meglio di così.

Gli svizzeri sono anche riusciti a evitare di creare un “culto della personalità” attorno ai propri leader politici. I governanti eletti della Svizzera non sono molto conosciuti dai loro cittadini, e sono quasi sconosciuti nel resto del mondo. La storia è piena di capi che hanno avuto troppo potere e troppa visibilità. Forse la ragione per cui gli svizzeri hanno commesso meno errori economici e di politica estera rispetto agli altri paesi deriva, in parte, dal fatto di non avere dei capi troppo potenti, in grado di spingere il paese ad adottare delle cattive politiche.

Molti considerano scomodo il sistema svizzero basato sulla democrazia diretta, ma come mi disse una volta un amico svizzero, “Non è che noi svizzeri siamo più intelligenti degli altri. Con il nostro sistema politico, però, prima di fare in tempo a realizzare qualche grosso cambiamento scopriamo che altri paesi l’hanno già fatto, e che si è rivelato una cattiva idea”.

L’invidia è uno dei sette peccati capitali, e il mondo è un posto pieno di invidiosi: ecco perché ci sono tante critiche feroci alla Svizzera tra gli invidiosi e gli ignoranti. Nei decenni passati ho fatto il consigliere di molti uomini di governo in diversi paesi, e spesso li ho incoraggiati a guardare alla Confederazione Elvetica come a un modello funzionante. Il modello svizzero è particolarmente rilevante per i paesi che hanno gruppi religiosi ed etnici rivali, ma purtroppo ben pochi l’hanno adottato. Nel luglio 2003, quando c’era un dibattito considerevole sul tipo di struttura di governo che avrebbe dovuto adottare l’Iraq, scrissi queste parole su The Washington Times a sostegno del modello svizzero:

“La Svizzera ha ottenuto pace e prosperità permettendo a ogni gruppo etnico o religioso di autogovernarsi nella propria area locale. Lo stesso sistema potrebbe funzionare in Iraq. Per esempio, i curdi si sono in larga misura autogovernati con successo nella loro area locale nell’ultima dozzina d’anni sotto la protezione occidentale. È improbabile che desiderino essere strettamente controllati da un forte governo centrale con sede a Bagdad. Usando il modello svizzero, non ci sarebbe bisogno per loro di cedere alcun significativo controllo locale. È probabile che altri sottogruppi iracheni considerino il modello svizzero come quello meno criticabile, date le alternative”.

Visto quello che è successo in Iraq, penso all’opportunità che si è persa, almeno temporaneamente, di adottare il modello svizzero, il quale avrebbe potuto condurre a una pacifica coesistenza tra i gruppi rivali e a una maggiore prosperità per tutti. Questo discorso mi porta a parlare dell’unica critica che faccio agli svizzeri. Gli elvetici hanno esportato con successo orologi, cioccolata, farmaci, meccanismi di precisione e molti altri grandi prodotti, ma non sono stati capaci di esportare al resto del mondo quello che potrebbe essere in assoluto il loro miglior prodotto d’esportazione: il loro modello di governo limitato e decentralizzato.

In una certa misura questo è successo perché gli svizzeri sono troppi modesti. Il loro fallimento nel vendere, o perfino spiegare, il modello svizzero al resto del mondo ha causato agli svizzeri molti problemi. Pochi comprendono il sistema finanziario elvetico e i grandi benefici che ha dato al mondo il suo secolare sistema bancario privato. Come risultato, gli svizzeri sono stati spesso descritti come degli avidi cattivi dalla stampa globale, invece che come i buoni che proteggono i diritti umani e la libertà, e che indirizzano il capitale globale verso l’uso più utile e proficuo.

Va di moda pensare che tutti i paesi stiano diventando sempre più ingovernabili. La Svizzera dimostra che questo non è vero.

(Traduzione di Guglielmo Piombini)

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