Wendy McElroy, LASCIATECI FARE, LASCIATECI COMMERCIARE

Wendy McElroy, LASCIATECI FARE, LASCIATECI COMMERCIARE

Enclave numero 11, marzo 2001
Commentando le contestazioni di Seattle al summit del WTO, l’Economist si chiedeva perchè tra tanti “anarchici” non ci fosse neanche un vero anarchico. In realtà ve ne erano, ma gli unici che hanno attirato l’attenzione sono stati quelli che fanno una pessima pubblicità all’obiettivo dell’abbattimento dello Stato. Salon, quasi unico tra i media, scrisse più accuratamente che “la maggior parte dei giornalisti ha etichettato i rivoltosi semplicemente come anarchici, dimenticandosi che molti tra i resistenti pacifici si consideravano pure anarchici”.

E’ chiaro che occorre qualche definizione. I sedicenti anarchici che procedettero “all’azione diretta contro il cuore del consumismo” (traduzione: distruzione di vetrine e saccheggio) erano anarchici di sinistra. Essi attaccavano un’astrazione – il libero mercato – distruggendo le specifiche proprietà dei negozianti. I proprietari erano “colpevoli” per il solo fatto di essere proprietari.

Questo non è l’anarchismo americano. L’individualsimo anarchico, come filosofia politica autoctona, si opponeva rigorosamente ad ogni attacco alle persone e alle proprietà degli individui. La filosofia ruotava attorno alla “Sovranità dell’Individuo”, come si espresse Josiah Warren, uno dei primi esponenti del movimento. Sia che si preferisca il termine “auto-proprietà” o “assioma di non aggressione”, la filosofia rimane la stessa. L’idea è che ogni individuo pacifico deve avere la libertà di disporre della propria persona, del proprio tempo, e delle proprie proprietà nel modo che più gli aggrada. La forza è ammissibile solo come autodifesa, e solo se è rivolta contro l’offensore, non contro il rappresentante di una classe. L’individualismo anarchico respinge lo Stato proprio perchè rappresenta l’istituzionalizzazione della forza contro pacifici individui.

L’anarchismo di sinistra (socialista o comunista) è un’importazione straniera che affluì nel paese, insieme alle tante merci a buon mercato, durante il XIX secolo. Molti di questi anarchici, specialmente quelli che fuggivano dalla Russia, introdussero dei tratti sgradevoli nel radicalismo americano. Costoro credevano nella “propaganda con i fatti”, cioè nell’uso della violenza come arma e forma di espressione politica, e dividevano la società in classi economiche in guerra l’una contro l’altra: coloro che ottenevano un profitto vendendo o acquistando erano considerati la classe criminale, mentre i loro clienti o dipendenti erano considerati la classe delle vittime. Non importava che gli scambi fossero volontari. In questo modo, gli anarchici di sinistra odiavano il libero mercato tanto quanto odiavano lo Stato. Al contrario, gli anarchici individualisti chiedevano che tutti gli scambi volontari fossero tollerati, se non addirittura rispettati.

Bene o male, le due scuole anarchiche avevano abbastanza cose in comune per stringersi la mano al loro primo incontro: quantomeno, parlavano un linguaggio molto simile. Per esempio, entrambe le scuole insultavano lo Stato e denunciavano il capitalismo. Con quest’ultimo termine gli individualisti intendevano però il capitalismo di Stato, cioè l’alleanza tra il governo e gli uomini d’affari, e come soluzione a tale forma di “capitalismo” proponevano misure come il free-banking, cioè la completa liberalizzazione dell’attività bancaria e di emissione monetaria. In altre parole, essi volevano costruire delle più efficaci alternative volontarie. E se in una tale società volontaria avessero continuato ad allignare mali come l’usura o i tassi d’interesse esorbitanti, non avrebbero avuto nulla da ridire. Nessuno, per loro, aveva il diritto di intervenire negli scambi non coercitivi. Nemmeno un anarchico benintenzionato.

La luna di miele ideologica andò presto in pezzi. Uno dei maggiori conflitti si verificò sulla questione della violenza come strategia politica. Per esempio, nel marzo 1886, Benjamin Tucker – l’editore di Liberty, la voce dell’individualismo anarchico ottocentesco – provocò uno scandalo nazionale pubblicando un articolo, La bestia del comunismo, nel quale rivelava che un grosso numero di anarchici comunisti avevano incendiato le proprie proprietà allo scopo di incassare le assicurazioni capitaliste, benché in quelle proprietà vi fossero abitazioni con centinaia di occupanti. In quell’incendio morirono anche una madre e il suo bambino. Tucker definì questi cosiddetti radicali “una banda di criminali”. Da allora, gli anarchici individualisti e gli anarchici di sinistra non furono più compagni di viaggio. Le riviste di sinistra come Freiheit, che pubblicava articoli in cui si faceva l’elogio della dinamite e si davano istruzione su come confezionare nitroglicerina, divennero il bersaglio principale di Liberty.

Lo scisma tra le due forme di anarchismo si è andato accentuando col tempo. Grazie soprattutto al lavoro pionieristico di Murray Rothbard, l’individualismo anarchico del XX secolo non guarda più con sospetto le attività finalizzate al profitto, come la fissazione di un interesse. Infatti, il libero mercato viene accettato come veicolo volontario dello scambio economico.

Più l’individualismo anarchico si avvicinava alle opere degli economisti austriaci come Hayek e Mises, più si allontanava dall’anarchismo di sinistra. Solo occasionalmente i due anarchismi potrebbero ritrovarsi uniti nella protesta, e l’opposizione al WTO avrebbe potuto essere una di queste. Ma non perché questa organizzazione è un’espressione del “libero mercato”. Il WTO non ha nulla a che fare con il libero mercato. Al suo interno, alcuni Stati chiedono tariffe preferenziali per i paesi in via di sviluppo; il Giappone vuole proteggere i suoi pesci e il suo legname; la Svizzera intende mantenere sussidi per i contadini; l’Unione Europea vuole limitare certe importazioni fino a che le tecnologie (come le manipolazioni genetiche) non si siano dimostrate assolutamente sicure.

Clinton ha chiesto un tavolo di discussione permanente tra il WTO e l’organizzazione internazionale dei sindacati (ILO), in modo da non far perdere ai democratici i voti sindacali alle prossime elezioni. Lo spirito del WTO è stato ben colto dal commissario al commercio dell’Unione Europea, Pascal Lamy, il quale ritiene che il libero scambio debba essere “controllato, guidato, e gestito secondo gli interessi dei cittadini europei”. Questa è una definizione di libero scambio che mi è poco famigliare. Il vero libero scambio è quello che pretese Legendre, l’uomo d’affari francese del seicento che si ritiene abbia risposto “Laissez nous faire!” (“Ci lasci fare da soli!”) al ministro Colbert, che gli chiedeva in che modo avrebbe potuto aiutare i mercanti. Lo storico Ralph Raico spiega: “Oggi il termine laissez faire ha un significato più ampio: lascia in pace la gente, e lascia che ognuno, nelle attività economiche, nelle questioni religiose, intellettuali, e culturali, possa perseguire gli obiettivi della propria vita”. Questo è proprio quello che gli individualisti anarchici intendono per libero mercato.

Gli anarco-individualisti e gli anarco-socialisti avrebbero potuto unirsi in una protesta non violenta contro il WTO, denunciandolo come veicolo dell’oppressione statale. Ma invece di attaccare lo Stato, gli anarchici di sinistra hanno sfasciato le vetrine dei negozi. A Seattle vi erano solo due cose su cui entrambi i filoni anarchici erano d’accordo: che il WTO va comunque abolito; e che la polizia non stava né dalla parte degli individualisti, né dalla parte dei collettivisti. 

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