IN MEMORIA DI LUCIANO PELLICANI, di Umberto Fontana

Luciano Pellicani

 

Il ricordo d’un suo studente di 45 anni fa.

Nella giornata di ieri si è  spento uno scienziato della SOCIETÀ dallo spessore internazionale.

Uno scrittore attento, dall’approccio rigorosissimo, dalle ipotesi di ricerca originali, dal discorso coerente, dalla cultura vastissima (come il numero notevolissimo e l’adeguatezza delle citazioni nelle sue opere rendeva visibile), dall’attenzione puntuale ai referti della Storia che per Lui erano il laboratorio che gli consentiva di eliminare  le teorie confutate.

Anche quelle più attraenti, ma che avrebbero poi deluso le aspettative o reso più lontane le comprensibili richieste di giustizia.

Fu un   docente autorevole, eppure dalla didattica immediata, per chi – come me – ebbe il tempo ed il modo di seguirlo a lezione nel lontano 1977/78, sebbene iscritto ad una facoltà diversa.

Presso l’Università Federiciana di Napoli  nella sede al corso Umberto, su uno dei  piani della Facoltà di Giurisprudenza, era  quasi naturale  accedere a quella di Sociologia allora situata sull’ala opposta dello stesso edificio.

Nell’attesa che giungesse il momento per recarci a lezione, noi studenti di Legge sempre più numerosi – ma ancora non esiliati nelle sale dei cinema poco distanti – tra l’ora di Privato e quella di Costituzionale avevamo uno spazio temporale di circa due ore.

Poche per tornare a casa, per chi aveva la fortuna di alloggiare…in sede…  molte per chi avrebbe consumato solo un caffè sul Corso Umberto oppure nel Bar dell’Università, come dai residenti della zona veniva indicato quello di via Mezzocannone, quasi ad angolo col Rettifilo.

Un’occasione guadagnata per il giovane ed i suoi colleghi di studi, perduta per lo studente.

In quello spazio al di fuori del tempo… giuridico… ed al di fuori degli ambienti del Diritto… eppure ad essi viciniori, entrai da esterno in un’aula della facoltà di Lettere che ospitava il prof. Pellicani e la sua Sociologia Politica… nell’ala ad Est dell’Università.

Un quarto d’ora di lezione… in quella metà mattina di ottobre valsero il tempo per convincermi ad ascoltarlo ancora… un tempo che,  da perduto, fu tutto guadagnato. Rimasi l’ora intera poi… le giornate future… per dare l’esame a maggio.

Oggi ai miei studenti è raro che introduca istituti giuridici perfino negletti, senza provarmi a riportarli ad ambientazioni storiche e di DINAMICHE sociali.

Ebbi pertanto la ventura di ascoltare, in diretta – tra i tanti altri argomenti delle lezioni – i contenuti ed i riferimenti bibliografici che l’estate successiva sarebbero stati scoperti dai più con l’articolo/saggio titolato “Il Vangelo Socialista” firmato, per darne idonea rilevanza politica, da Craxi, ma opera di Pellicani.

Contenuti che ancora a lungo sarebbero stati avversati  dalle mode politiche di allora.

Oggi che molti faranno menzione delle opere del professore, mi prendo  l’occasione di ricordare quello che fu il principale Libro di testo di quel corso di Sociologia Politica:

La Dinamica delle Rivoluzioni edito da Sugarco (per chi avrebbe biennalizzato l’esame, l’altro testo sarebbe stato “I Rivoluzionari di Professione” ) in cui oltre alla sociologia delle dinamiche sociali  dei movimenti di rottura, con le distinzioni tra Jacquerie, Colpi di Stato e Rivoluzioni, sono trattati (non solo in potenza) alcuni  degli argomenti che successivamente sarebbero stati  approfonditi nei  suoi successivi, innumerevoli saggi  e testi.

Ascoltare allora chi, con dovizia di particolari, rigore di analisi e chiarezza nei contenuti esponeva le dinamiche dei fenomeni sociali per lo studente attento e senza “lenti…ideologiche” (avrebbe detto) era faccenda unica e preziosa.

Straordinari i suoi tantissimi riferimenti ad   autori allora in Italia sconosciuti, come Ortega y Gasset e Toynbee, ma anche quelli mal conosciuti come von Mises, o poco letti come Popper (quindi non solo Proudhon  o la  critica  a  Marx ed al marxleninismo).

Sotto la superficie di quegli agganci della letteratura sociologica e storica, politica ed economica (nella polemica di quegli anni su cogestione ed autogestione con il suo collega prof. Iossa di Economia Politica) vedevo celato il desiderio e lo scopo di chi insegna:

consegnare sui sentieri della ricerca tante tracce, ognuna col suo solco, perché  gli  studenti, quelli veri,  possano provare a farla  divenire strada più ampia per  i prossimi pellegrini della memoria e del tentativo della conoscenza.

In quegli anni lontani, eppur in me tanto presenti, non ricordo si sia espresso   su un Credo religioso, se non per punzecchiare la dialettica hegeliana anche quando  applicata alla teologia.

Per qualcuno è  forse coincidenza che il giorno finale della sua operosa attività sia stato la vigilia della Pasqua più  solitaria di sempre,  per me è il segno e l’augurio di un futuro ritrovarci. 

Professore da quell’aula da cui oggi sei uscito, tocca a noi studenti che restiamo tenerla degnamente aperta.

Legnano

Il giorno della Resurrezione dell’anno 2020

                                         Umberto Fontana

 

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