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La Lega Nord è solo un ingranaggio del sistema Italia, l’ennesimo partito finito a Roma per spartire il potere dai comodi posti di governo e sottogoverno che ha ottenuto. In quetso libro, l’autore – che è stato per oltre un decennio protagonoista e dirigente leghista – svela e racconta cosa è diventato il Carroccio, nato come movimento rivoluzionario, ma trasformatasi in casta. Con quetse memorie, l’autore racconta uno spaccato della Lega: dal caso CrediEuroNord alle Cooperative Padane, dalle beghe di sezione al clientelismo, ovvero un susseguirsi di fallimenti e crac ai danni dei militanti perbene.
Guarda il video di leonardo Facco: https://www.youtube.com/watch?v=Cx-t8orzC3Y
Scrive Mario Morelli, già segretario provinciale della Lega Nord di Monza:
“E’ la società che oggi gestisce gli immobili del partito, un tempo s’occupava del commercio dei gadget. Negli anni di massimo splendore leghista, questi articoli andavano a ruba, ed erano una grossa fonte di guadagno. Poi però, per colpa di chi pensava di più ai suoi interessi che a quelli del partito, anche quest’attività prese ad andar male.
Per arricchirsi, i responsabili del settore comprarono molto più del necessario, col risultato che i magazzini traboccavano di merce. Magliette, calze, cravatte, giacconi, orologi, stemmini vari, bandiere, mutande e reggiseni, portachiavi, carte d’identità padane, penne d’ogni tipo, sciarpe, soldi di carta e monete da 1, 2, 5, leghe, libretti d’assegni, carte topografiche della Padania e tanta altra cianfrusaglia erano parte degli articoli pubblicitari che la “ Pontida Fin “ aveva in catalogo. Sino al 1998, il mercato di questi oggetti tirò, ma poi, piano piano, man mano che l’entusiasmo iniziale cominciò ad affievolirsi, il loro commercio segnò non poche passività.
La “Pontida Fin” per pareggiare le perdite mise in atto un’operazione che in Lega è sempre stata di prassi: far pagare i militanti, che tra mugugni e lamenti erano da sempre abituati a metter mano al portafoglio, ovviamente per sostenere la “Padanità”. Alle Segreterie provinciali, compresa la mia, arrivarono tanti scatoloni, contenenti gadget di tutti i generi: per esser precisi erano fondi di magazzino ormai da buttare. Furono distribuiti ancora chiusi alle circoscrizioni, che a loro volta li girarono alle sezioni con l’obbligo di pagarli. Non fa nulla se la merce si vendesse oppure no, per i cervelloni della società, che aveva il magazzino in Via Bellerio, era lo stesso.
Naturalmente, gli importi delle fatture la Lega Nord li trattenne dai trasferimenti trimestrali che dava alle segreterie provinciali, le quali, per non perderci, pretesero i soldi dalle circoscrizioni e dalle sezioni. Una catena non di Sant’Antonio ma di Sant’Umberto, un sistema basato sulla coercizione, certamente non in linea con le dottrine sostenute dalla Lega Nord. Comunque, il risultato finanziario fu positivo, non certo per l’abilità commerciale dei vertici, ma come quasi sempre per il buon cuore e la fede dei creduloni come me”.
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