Paul Craig Roberts, L’EUROPA SI STA ESTINGUENDO

Paul Craig Roberts, L’EUROPA SI STA ESTINGUENDO

Enclave numero 19, aprile 2003

Lo “stato sociale” si sta rivelando un metodo estremamente efficace per sterminare i popoli europei e le loro culture. Poiché il tasso di natalità è sceso sotto quello di riproduzione (che è di 2,1 figli per donna), le popolazioni native dei paesi europei stanno drammaticamente diminuendo. Si stima ad esempio che in Italia il crollo della natalità ridurrà il numero degli italiani da 57 milioni a 41 milioni nel 2050: un calo di un terzo.

Un’importante ragione del declino della fertilità è la pesante tassazione richiesta per finanziare i costosi programmi di assistenza sociale. A causa di elevate imposte dirette anche sui redditi più bassi, di contributi che pesano sulla busta-paga più del doppio che negli Stati Uniti, e di imposte indirette che si aggiungono per un ulteriore 17 percento, i figli sono diventati una spesa insostenibile per i bilanci famigliari. In Europa gli spazi abitativi sono cari, così come il cibo e i trasporti. Gli europei vivono pertanto una vita angusta, rispetto agli americani. Il solo fatto di aggiungere una stanza per i bambini diventa impresa difficile con quel poco di reddito che rimane dopo la falcidia delle tasse. Le politiche assistenzialiste dei governi hanno distrutto in Europa la procreazione, sostituendo le responsabilità famigliari con sussidi pubblici finanziati dallo stato. Le “responsabilità sociali” hanno esaurito i redditi dalle famiglie europee, non lasciando più nulla di disponibile per mantenere i propri figli.

Il declino nella fertilità sta rendendo il sistema di welfare insostenibile. L’unico modo per mantenerlo in piedi è quello di importare massicce quantità di turchi, africani, indiani, afgani, e altri immigrati. Secondo un recente studio dell’ONU, l’Italia necessita di 2,2 milioni di immigrati all’anno per generare la base fiscale necessaria a sostenere la “spesa sociale”. È prevedibile che gli immigrati del terzo mondo, con un alto tasso di fertilità, siano destinati a diventare più numerosi degli europei autoctoni, e questo pone un’importante questione: il futuro dell’Europa sarà europeo? I musulmani e gli africani si europeizzeranno, o la civiltà europea scomparirà insieme alla sua popolazione? Questa è diventata una questione politica che disturba tutti i politici interessati più al mantenimento dello stato assistenziale, che dell’integrità culturale. L’establishment politico europeo finora ha affrontato il problema etichettando come nazista chiunque sollevi il problema dell’immigrazione, com’è capitato all’inglese Powell, alla danese Kjaersgaard, all’austriaco Haider, e al francese Le Pen.

I sentimenti nazionali sono ancora vivi in Europa, come conferma ogni partita di calcio, quando il piacere di sentirsi parte di una cultura comune e l’orgoglio di discendere da antichi popoli emergono con tutta la loro forza. Rimane però da vedere se è rimasto abbastanza orgoglio negli europei da scuotersi di dosso il giogo del welfare state, che li ha resi dipendenti dagli immigrati. Gli europei hanno davanti a se tre strade: possono ridurre il loro standard di vita per avere più figli; possono sostenere quei leader politici che vogliono abolire o ridurre lo stato sociale per poter ridurre le tasse; oppure possono tenere in piedi l’attuale sistema social-assistenziale, consegnando il destino della loro progenie nelle mani di una maggioranza di nuovi immigrati.

L’abbattimento del sistema assistenziale permetterebbe agli europei di salvarsi dal genocidio auto-inflitto. Ma questo richiede prima un cambiamento nella filosofia e nei valori dominanti. In particolare, i valori socialisti dovrebbero essere rigettati completamente. La fede nella famiglia dovrebbe essere restaurata. La gente dovrebbe tornare a considerare la vita come un qualcosa che si vive principalmente grazie al sostegno della famiglia, piuttosto che della società. Le esigenze finanziarie delle famiglie dovrebbero avere la precedenza su tutti gli scopi che con quelle risorse lo stato intende perseguire. Per abbattere 100 anni di indottrinamento socialista occorrerebbe però una vera e propria rivoluzione culturale. Invece di descrivere sempre il vuoto della vita famigliare, i romanzieri dovrebbero raccontarne la ricchezza. La paternità e la maternità dovrebbero recuperare il significato che gli è stato tolto da una élite culturale depravata. Sarebbe tuttavia molto difficile oggi per uno scrittore o per un artista trovare un editore o un finanziamento statale per un’opera che celebri la responsabilità individuale invece dell’io narcisistico, la continuità della vita famigliare, le pene e le gioie, le tragedie e i trionfi che costituiscono la vita famigliare.

C’è molto in gioco: la promiscuità sessuale, il femminismo che pretende sempre nuovi e maggiori ruoli per le donne, la sicurezza di una vecchiaia garantita dai contribuenti, e una mentalità che devia l’attenzione dai problemi della famiglia a quelli degli sfortunati più lontani. In diverse cittadine del sud degli Stati Uniti, ad esempio, gli studenti liceali vanno in giro per i negozi a chiedere donazioni per finanziare i loro viaggi in posti lontani, dove andranno a “costruire case per i poveri”. Non farebbero maglio questi ragazzi a dare una verniciata alla casa della loro nonna o aiutare il vicino a curare il giardino? Ma queste non sono considerate esperienze “gratificanti”. La nostra cultura “orientata verso gli altri” gli insegna che hanno dei “doveri” solo verso gli sconosciuti che vivono nei posti più lontani.

Questa non è una cultura destinata a durare. 

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